Can’t Keep From Crying (per John Renbourn, 8 agosto 1944-26 marzo 2015)

Bert Jansch, suo contraltare chitarristico in tanti dischi meravigliosi (dei Pentangle, ma non solo), se n’era andato ancora più prematuramente, sessantasettenne, il 5 ottobre del 2011. Oggi ci ha lasciati John Renbourn, uno che come pochi altri – ammodernandolo, contaminandolo, ma con rispetto – ha contribuito a rendere certo folk di nuovo una faccenda viva, non museale. Gli rendo omaggio riprendendo una breve recensione di una ristampa di uno dei suoi album più classici, il secondo.

John Renbourn - Another Monday

Memorabile per il ventiduenne John Renbourn un 1966 che vede il sodalizio con Bert Jansch, inaugurato l’anno prima contribuendo a “It Don’t Bother Me”, rafforzarsi con la partecipazione a quello che è considerato il capolavoro di Jansch, “Jack Orion”, e la firma congiunta in calce al superbo “Bert & John”. Fanno da cornice alle collaborazioni i primi due 33 giri solistici del Nostro, l’omonimo e un po’ acerbo esordio pubblicato in febbraio e questo “Another Monday”, che viene licenziato in dicembre, sempre per i tipi della Transatlantic, e lo sopravanza di tre spanne. Ora rimesso fuori dai soliti noti della Earmark in un’edizione economica che oltre a cavare il massimo dal master d’epoca offre a contorno le approfondite note dell’esperto Colin Harper. Per Renbourn è un album importante non soltanto perché resterà uno dei suoi migliori (fors’anche il migliore in assoluto, benché “Faro Annie” abbia i suoi cultori) ma perché, se l’amico Bert è assente, si affaccia in compenso alla ribalta un altro personaggio che da lì a poco darà il “la”, con lui, all’epopea Pentangle: Jacqui McShee. In duetto in un favoloso Lost Lover Blues dal repertorio di Blind Boy Fuller, in una Can’t Keep From Crying singolarmente esuberante, in una Nobodys Fault But Mine che i Led Zeppelin più che orecchieranno. È folk magnificamente impuro, in costante dialogo con blues e jazz e disposto al raga: una cosa dell’altro mondo, allora e oggi.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.247, giugno 2004.

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