Usualmente le rimpatriate non sono una buona idea ma, a parte che “solo” sei anni separavano il secondo Feelies dal primo, c’è da annotare che – d’accordo, si dice sempre: tuttavia nel loro caso era vero – il quintetto del New Jersey non si era mica sciolto dopo quel capolavoro della new wave USA chiamato “Crazy Rhythms”. Era piuttosto entrato in uno stato di animazione sospesa volto a liberarlo da certi lacciuoli contrattuali. Sia sottolineato poi, a ulteriore e sempiterna lode dei chitarristi Bill Million e Glenn Mercer, che con un terzo dei componenti il quintetto classico, il percussionista Dave Weckerman, riesumavano nell’86 la gloriosa sigla, che lungi dal cercare di replicare la formula degli epocali Ritmi Pazzi l’eccellente “The Good Earth” svoltava verso un riammodernamento del più classico suono jingle-jangle. Interpretato immaginando un mondo in cui i Byrds hanno seguito, non preceduto, Velvet Underground e Television. Due anni dopo “Only Life” si incaricava di dare consistenza al nuovo corso e nel ’91 “Time For A Witness” pareva apporre la parola “fine” in calce alla vicenda, seguitando a volare alto e consegnando insomma un rendiconto, su quattro, di classici assoluti numero uno e album comunque splendidi tre.
Usualmente le rimpatriate non sono una buona idea e figurarsi se sono trascorsi un paio di decenni dall’ultima volta assieme. Ma le eccezioni ci sono e – confermato in toto l’organico del secondo corso – i Feelies hanno provveduto con “Here Before” a offrirne una dimostrazione clamorosa per convinzione, freschezza della proposta, qualità della scrittura. Permettendosi addirittura, fra tredici canzoni che li mostrano qui pastorali e lì particolarmente energici, di sistemarne una che, se il mondo avesse avuto orecchie per intendere, sarebbe dovuta andare in classifica ovunque. Cercatela, si chiama Again Today.