Si potrebbe affermare, con una battuta e citando una nota pubblicità, che al Boss edizione 2012, anziano (che diamine! il 5 gennaio prossimo saranno quarant’anni dacché dava alle stampe il primo LP) ma ancora non domo, piace vincere facile. Come fare accendere di nuovo i riflettori su di sé (ammesso si fossero spenti), come farsi lodare quasi incondizionatamente, quasi da chiunque? No, la risposta giusta non è quella dei cinici che dicono “facendo un disco che gira attorno ai temi della crisi economica che ci sta cambiando la vita”. Siccome il Nostro certi argomenti li affronta da sempre e se c’è una caratteristica che mai è stata e probabilmente mai potrà essere messa in discussione dell’uomo e dell’artista Bruce Springsteen è l’onestà intellettuale. Nemmeno nei momenti meno felici la sua integrità morale è divenuta un tema da dibattere. No, altra la risposta al quesito di cui sopra: pubblicando prima due lavori indifendibili, indegni in assoluto e non soltanto di chi ha in discografia classici del livello di “Born To Run” e “Darkness On The Edge Of Town”, “The River” e “Nebraska” e – massì! – “The Ghost Of Tom Joad”. Di “Magic” salvi due pezzi, di “Working On A Dream” uno e ai tempi belli tutti e tre avrebbero comunque faticato a vedere la luce. E vogliamo parlare di una produzione, quella di Brendan O’Brien, titolare di entrambe le regie, oscena nel suo tenere i volumi sempre al massimo, tutto appiattendo? Ma no, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. E allora metti su “Wrecking Ball” e la prima cosa che noti è che a questo giro è la produzione (Ron Aniello: grazie) ad adattarsi al materiale, non viceversa. Tiri un sospiro di sollievo da fare tremare i muri. Solo che poi cominci a cercare canzoni sul serio indimenticabili. E non ne trovi.
Sia chiaro: un passo in avanti clamoroso, un’opera che nel catalogo springsteeniano può starci e con una sua dignità. Stavolta non sono una o due le canzoni da salvare bensì, al contrario, un paio quelle da buttare. Io dico Rocky Ground, perché Bruce con inserto rap proprio non lo si può ascoltare. Io dico Land Of Hope And Dreams e pazienza se i fan mi lapideranno, perché è in repertorio da un sacco di tempo e oltretutto c’è dentro l’ultimo assolo di Big Man: dopo il bell’attacco spiritual, subito sciupato da una batteria elettronica, non sta in piedi e la citazione degli Impressions sa di captatio benevolentiae. Non boccio invece quella We Take Care Of Our Own che a tanti ha fatto storcere il naso: ha un’urgenza che la redime dalla retorica, vive di una polemica portata avanti con intelligenza che la rende una Born In The USA degli anni ’10 del nuovo secolo. Dite che non si sceglie un modello nobilissimo? Be’, sempre meglio di Shackled And Drawn, con ogni evidenza una seconda Working On The Highway. Meglio di You’ve Got It, chiaramente ricalcata su All Or Nothin At All. Laddove We Are Alive sarebbe stupenda se Ring Of Fire non l’avesse già scritta June Carter Cash. Sorta di “We Shall Overcome” (gli influssi folk sono dominanti) ma con repertorio autografo e gli amplificatori accesi, “Wrecking Ball” offre il meglio di sé a centro programma: con lo strascicato valzer a un certo punto quasi bandistico Jack Of All Trades (l’episodio che più si avvicina a una memorabilità autentica), con la giga corale Death To My Hometown, con il country-blues This Depression. Per dirla con Ligabue, chi si accontenta gode. Così così.
Non sono d’accordo con tutto, ma che bello leggere finalmente una recensione più equilibrata su “Wrecking Ball”. Anch’io ho subito identificato “Jack Of All Trades” e “This Depression” come i punti più alti del disco e apprezzato We Take Care of Our Own”. Ci sarebbe però anche “Swallowed Up”, bonus track che a mio parere alza il livello del disco.
è già positivo che dopo due dischi mediocri sia riuscito a farne uno buono. non un capolavoro, ma qualcosa che si fa ascoltare. e, nella mediocrità, la colpa non è tanto di o’brian ma delle canzoni che non c’erano. io ricordo solo “long walk home” e “girls in the summer clothes”.
qui tutti a parlar male di “rocky ground” ma, a me, è quella che dato quel tocco in più, oltre alla title track.
beppe
Le canzoni certamente non erano granché, ma a renderle in qualche caso addirittura irritanti era la produzione. Uno così sarebbe riuscito a rovinare persino “Darkness” o “The River”.
Non ho volutamente considerato le bonus perché se Springsteen stesso non le ritiene del medesimo livello di quanto ha sistemato nella scaletta di base non vedo perché dovrebbe farlo chi recensisce. In altri tempi sarebbero state dei lati B. Oggi ci fanno le deluxe istantanee e a me non pare un capolavoro di correttezza nei confronti di chi i dischi ancora li compra.
Più che altro, c’è da valutare la questione in termini prospettici: se, cioè, Broooce possa uscirsene con un suo equivalente di “Time Out Of Mind”, “New York” o “Ragged Glory”. a me intriga più questo che la mediocrità – quando va bene – del suo ultimo lustro.
Io credo che sì, che un album del livello di quelli che hai citato possa farlo ancora. Non azzardo che dovrebbe concedersi di meno perché comunque il disco prima era di tre anni fa.
Perché nessuno si lascia mai andare su THE GHOST OF TOM JOAD, secondo te?
Ostia, che è un capolavoro!
Di più: quel disco è un caso letterario, come aveva intuito immediatamente Alessandro Portelli…
(se può interessare, il mio Springsteen preferito con NEBRASKA)
Secondo me un po’ ti sei risposto da solo, nel senso che “The Ghost Of Tom Joad” è un lavoro quasi più da leggere che non da ascoltare. Al di là dell’asciuttezza, “Nebraska” – al quale “The Ghost” viene immancabilmente accostato con a mio giudizio un grave errore prospettico, trattandosi in un caso di rock’n’roll acustico e nell’altro di folk – è immediatamente memorabile, cosa che non si può affermare del presunto seguito. Ciò detto, a me “The Ghost Of Tom Joad” piace assai.
Con tutto il rispetto, stefano, The Ghost Of Tom Joad, secondo me è il classico disco che nessuno osa “attaccare” proprio in virtù di una presunta forza letteraria. Da decenni si dibatte sul giusto equilibrio tra forza delle parole e forza della musica. Non mi addentro nel tema. TGOTJ, sempre secondo me, è un po’ la “cagata pazzesca” fantozziana… Cioè, nel complesso lo trovo un pastone indigeribile di parole e immobilismo sonoro; a parte title track e Youngstown, il resto non decolla mai oltre la semplice linea della sufficienza: lunghi racconti che musicalmente nascondono la scarsa ispirazione dietro un uso sapiente, ci mancherebbbe!, ma di maniera di folk, blues, country. Poi, ripeto, Portelli, i reading, i riferimenti diretti e indiretti ai più nobili filoni della letteratura nordamericana… Tutto ha contribuito a elevare, e santificare, un disco che, musicalmente parlando, era ed è debole assai. Insomma, se Bruce si fosse limitato a scrivere i testi e li avesse affidati alla penna, che so, di un Will Oldham, forse ora ci troveremmo con un bel progetto, magari anche memorabile. (Lo so, ho sparato un Will Oldham giusto per illustrare al meglio un’area di riferimento ispirata, in quegli anni, in ambito folk e songrwriting).
E vabbé. Non è bello ciò che è bello ma.
Rispettabilissima opinione che capisco, senza condividere. Però, dai, Will Oldham no! Ho la casa piena di suoi dischi, forse anche troppi, ma ultimamente gli trovo una capacità di essere piatto e annoiare che altro che “Tom Joad”.
accolgo la puntualizzazione con sollievo. io il suo ultimo “wolfroy goes to town” sono riuscito ad ascoltarlo per intero con grande difficoltà, tra uno sbadiglio e l’altro. Adesso se ne annuncia un altro, col quale si spera viri verso paesaggi sonori meno scarni (e deprimenti).
Curiosità: dello sterminato back catalogue di will ne hai un paio di cui consiglieresti al profano un ascolto profittevole?
“I See A Darkness” ha del metafisico, tanto è bello.
Così come “Viva Last Blues” e “Arise, Therefore”, di quando ancora si nascondeva dietro i Palace: molto diversi, due facce della moneta. classico e rurale il primo, attraversato da un’arguzia sperimentale
raffinata e accorata il secondo.
giusto per comciare, eh… ;D
d’accordissimo su i see a darkness.
i palace, invece, li conosco ancora poco.
mi tocca approfondire…
Will Oldham è uno dei miei preferiti da sempre.
Sono d’accordo con tutto quello che avete detto.
Devo però aggiungere che “Ease down the road” e “The Letting go” meritano di sicuro. Forse non nella loro interezza ma hanno alcune delle migliori perle di Will.
Inoltre un disco assolutamente da avere è Palace Music:”Lost blues and other songs”. …..Secondo me. ; )
Le prime cose sono molto scarne e minimali, ma ricche di partecipazione. Personalmente, quei due dischi lì, trovo che siano un (primo) punto di arrivo nella carriera di Oldham; dal quale, poi, è partito per reinventarsi di nuovo, sempre guardando indietro con gli occhi di oggi.
Arrivo adesso e scopro che avete già fatto tutto voi. Bravi, è così che dovrebbe funzionare. Sono ovviamente d’accordo su “I See A Darkness”, piccolo capolavoro sul quale c’è una unanimità di consensi. I Palace eccetera meritano più o meno in blocco. Personalmente ricordo poi con un certo affetto “Joya”, che fu il primo album che pubblicò usando la sua identità anagrafica. Comunque a ben riguardare non ho poi tutti quei suoi dischi che pensavo di avere. Probabilmente, proprio perché di ascoltare li ho ascoltati invece senza eccezione alcuna.
Venerato, oso dissentire dalla tua sentenza, in particolare sui seguenti punti:
– Basta con questo pensiero unico sull’indifendibilita’ di Magic e WOAD. Resteranno album minori ma importanti nell’evoluzione di Springsteen e nel suo riposizionamento da “rockstar anziana”.
– Il vero male assoluto della discografia di Springsteen e’ (e speriamo resti) Human Touch e paragonare la dignitosa You’ve got it con la più brutta cosa mai uscita a suo nome (All or nothin at All) rasenta la perfidia…
– Se non ti piace Land of hope… forse il problema e’ che non ti piace piu’ Springsteen!
– Se non ti piace Rocky Ground… forse non hai piu’ voglia di ascoltare dischi nuovi di Springsteen. Niente di male, d’altra parte e’ vero che quelli vecchi sono molto più belli.
Chiudo con una nota meno acida: non sarebbe bella una cover dei Big Country di Death to my hometown con le chitarre cornamusa?
Il dissenso è sempre legittimo, ci mancherebbe. Detto da una delle tre persone al mondo cui non piace la nutella. Dopo di che…
– Non mi pare che esista un pensiero unico su “Magic” e “Working On A Dream”, che a loro tempo ebbero anche recensioni ottime, soprattutto in Gran Bretagna. Io continuo a ritenere il primo insufficiente e il secondo (che stroncai in diretta) terribile. Il secondo a mio giudizio è decisamente peggio di “Human Touch”, il primo forse no. Quanto a “You’ve Got It”/”All Or Nothin At All”, be’, mi sono limitato a rilevare che si somigliano. Mai fatto classifiche delle canzoni più brutte del Boss ma, adesso che mi ci fai pensare, la peggiore di sempre è “Outlaw Pete”. No contest.
– Trovo “Land Of Hope And Dreams” assolutamente minore e specialmente in questa versione. Era molto meglio quella del “Live In New York City”.
– “Rocky Ground” è imbarazzante non perché prova a essere “moderna” (“Streets Of Philadelphia” ci riusciva in una maniera fantastica) ma perché bruttarella assai. Poi, per carità, il 95% dell’errebì attuale è molto peggio.
Io, se ne fa di buoni (e credo che ancora ne farà di buoni), avrò sempre voglia di ascoltare dischi nuovi di Bruce Springsteen. Che oltre a essere un artista colossale di per sé è uno che ha dato un bel contributo a fare di me ciò che sono. Figurati se potrei mai avere dei pregiudizi o addirittura del malanimo nei suoi confronti. Ciò detto, non ne faccio una divinità.
Questa cosa della Nutella spiega molte cose… detto da uno che dopo un cucchiaio ne ha gia’ abbastanza… Giusto, Outlaw Pete e’ il pezzo che fa la differenza nella costruzione dei giudizi: per te e’ inascoltabile, per me e’ una canzone interessante nel suo spingere a fondo sia il registro epico che quello ironico, e mi diverte di piu’ (la sparo grossa) di tante canzoni più a fuoco, equilibrate, corrette di raffinati songwriter prodotti da Joe Henry o T-Bone Burnett.
Se posso, due o tre rapide considerazioni: l’album nel complesso mi piace, fatte salve tutte le doverose considerazioni sulle differenze con i dischi per cui Springsteen è Springsteen (Darkness, il suo disco migliore, The River il migliore della E Street Band, per quanto mi riguarda).
Riguardo ai singoli pezzi, concordo sostanzialmente con quanto dice Eddy, con una preferenza particolare per Death to my Hometown, tanto più dove averla sentita/vista al Jimmy Fallon Show.
Quanto a Rocky Ground…. boh! Mettiamola in questo modo: quando arriva, non la salto, ma neppure torno indietro a risentirla. Diciamo un tentativo un po’ azzardato, ma non particolarmente riuscito.
Sui dischi immediatamente precedenti, mi permetterei solo di fare notare che nelle scalette dei concerti i pezzi venivano inseriti dallo stesso Springsteen con estrema parsimonia (credo che a Torino nel 2009 non abbia fatto più di due canzoni provenienti da WOAD, benché fosse il tour successivo a quell’album) e con risultati non esaltanti (vado a memoria e posso sbagliarmi, ma credo che a Milano 2008 abbia suonato Girl with the Summer Clothes subito dopo Badlands… beh, insomma, pur con tutta la mia venerazione per Bruce, davvero un crollo verticale) e questo credo qualcosa voglia pur dire
A margine, dopo una trentina d’anni che ti leggo, è un piacere trovarti qui, Eddy: mi rimane ora da scoprire chi sia il terzo essere umano, a parte noi due, a cui non piace la Nutella…
Il terzo, a cui non piace la Nutella, a quanto pare l’abbiamo già trovato. Con noi Moretti non correrebbe il rischio di restare senza. Per me “Girl With The Summer Clothes” è una bella canzone che nel contesto in cui è inserita lo sembra anche di più. Certo che a eseguirla dopo “Badlands” l’anticlimax è garantito.
caro Eddy,non voglio parlare dell’album,che non mi piace,come non mi piacciono quasi tutti dopo Tunnel of Love.Ma ho avuto un clamoroso ritorno di fiamma per il boss dopo il live di domenica sera a Firenze
Certo,la E street band non è più quella macchina da guerra di di 20 anni fa(forse non è nemmeno più giusto chiamarla così,erano in 17 sul palco) e anche la voce di Bruce ha tentennato più di una volta,ma ti assicuro che sono state tre ore e mezza fantastiche,interamente sotto la pioggia,l’ultima ora un autentico diluvio.Il cuore di quest’uomo è grandissimo,emozioni al cubo con l’apertura:Badlands e No Surrender,poi ancora Backstreets,Prove it all night,Be True,Burning Love,Spirit in the Night per finire poi con Who’ll stop the Rain
Immenso,veramente!
Posso replicarti con una parola: invidia. 🙂