Per essere un gruppo tanto giovane (vivaddio ragazza e ragazzi sono tutti sui venti e qualcosa) e così evidentemente iscritto a un canone di classicismo rock americano di scuola sudista che orgogliosamente rivendica, gli Alabama Shakes stanno suscitando controversie mica male. Beninteso: in massima parte dal positivo all’entusiastico le recensioni a oggi di questo che è il loro debutto in lungo, ma le poche stroncature si fanno notare, se non precisamente per intelligenza, per il tono sprezzante. Quando non per una schietta ferocia minimo malriposta quando a un genere o sottogenere musicale che sia vengono applicati criteri di valutazione propri di altri generi o sottogeneri. Perché, insomma, non è che non si possa scrivere male di “Boys & Girls”, ma criticarlo partendo dalla constatazione che segue schemi prevedibili denota malafede o ignoranza o stupidità o, forse, malafede e ignoranza e stupidità. Spettacolarmente esibite tutte assieme perlomeno da chi su “Drowned In Sound” ha concluso il massacro annotando che venderà probabilmente un buon numero di copie ma per la maggior parte “a chi ancora compra CD, nei supermercati, a cinque sterline”. Brutta gente, evidentemente, laddove l’appassionato di musica – che secondo l’autore del suddetto sproloquio sarebbe “il cinico che ascolta cento nuove band alla settimana su Internet” – ne sarà mortalmente annoiato ben prima che entri in classifica. E su taluni sedicenti critici nostrani parimenti spocchiosi sorvolo. Parlarne vorrebbe dire riconoscere loro una qualche rilevanza. E sarebbe uno sparare sulla Croce Rossa.
Per quanto mi riguarda non vi spaccerò “Boys & Girls” per il futuro del rock’n’roll, per carità. È una rilettura del suo passato personale quanto basta per non essere, diversamente da tante altre, inutile. Sufficientemente ben fatta (ossia parecchio) per non sfigurare troppo nel confronto con i maestri da cui ha scelto di farsi educare. Studiato ma non scolastico il suono, solida la scrittura, a propellere gli Alabama Shakes verso traguardi di popolarità per intanto subitanea e possibilmente durevole sarà però innanzitutto la voce di Brittany Howard. Perché, certo, canzoni siffatte – più o meno belle – ne avrete già ascoltate a centinaia o migliaia, ma una voce simile di rado: non identificabile istantaneamente come femminile e un po’ Aretha Franklin e un po’ Jack White, un po’ Janis Joplin e un po’ Robert Plant, un po’ Sharon Jones e un po’ Lenny Kravitz. È quest’ugola d’oro a fare speciali i soul-rock Hold On e Rise To The Sun e una ballata da manuale quale I Found You, lo sbandamento zeppeliniano di cuori spezzati di You Ain’t Alone e la giostra esultante di Heartbreaker, le sincopi feline di Goin’ To The Party e una traccia omonima squisitamente fra blues e valzer. Magari gli Alabama Shakes si limiteranno a essere “i nuovi Black Crowes”, ma chi lo dice che sia un brutto destino?
Credo che me lo procurerò, visto come ne parli…già che ci siamo: ci tenevo a conoscere il tuo parere su TUENTIUAN della cicciona inglese coetanea del titolo; si lo so, EXILE ON MY STREET è “moooooolto meglio”, cosiccome UNHALFBRICKING, ma io quello non riesco a non farmelo piacere. Avrò contratto qualche malattia sconosciuta? O, come penso, lei è una che ci sa proprio fare?
Possono avere torto venti milioni di fans? Per limitarsi a “21”, visto che il predecessore è fermo a miserrimi sei milioni e mezzo e meno male che i dischi non si vendono più. Lei ha una gran voce e un repertorio non ancora all’altezza di quella voce, ma tutto sommato di un certo pregio. Non pare insomma un fenomeno di cartapesta, tutt’altro.
Eppero’ Rolling in the deep se non fossimo snob ma avessimo la mente aperta dei ’60s, sarebbe un classico…
su TuTubo ci sono alcuni estratti dal vivo, dove la band rende molto ma molto bene. A partire dalla cantante, è chiaro. Gloria e fama meritate assai.
Sottoscrivo il parere di Andrea, al mille per mille
Se c’è una canzone che giustifica l’esistenza (che poi in realtà ce n’è più di una) di Adele è proprio “Rolling In The Deep”.
boys & girls è un disco senz’altro di pregevole fattura, che fa sperare bene. concordo con eddy, quindi, sull’incomprensibilità di certi giudizi un po’ liquidatori, soprattutto da parte di siti dove le 4 stelle non si negano a nessuno. quando parla di “sedicenti e spocchiosi critici nostrani”, ho l’impressione di aver capito a chi si riferisce, ma me lo tengo per me.
a questo disco manca solo, forse, un vero brano killer, e magari anche un chitarrista che sappia far fare un salto di livello ad alcuni brani: non si tratta di tecnica, ma di capacita di andare in solo con un paio di note che fanno corto circuito e mandano in orbita gli altri musicisti (e chi ascolta il brano). ma è un’arte difficilissima. diamogli tempo, lo meritano
Quando c’è una voce tanto predominante inevitabilmente le parti strumentali al confronto rischiano di venirne sminuite ed è forse questo il caso.
Approfitto per girare al blog una notizia di oggi: “Boys & Girls” è dato come prossimo numero 1 nella classifica UK degli album. Negli ultimi conteggi sta qualche centinaio di copie davanti a… esatto… ad Adele.
Bavo Giuliano: io insisto sempre sul fatto che uno dei guati maggiori di oggi sia la concitazione. Il fatto che sia tutti frenetico e non is lasci più tempo agli artisti di maturare. Come con gli allenatori di calcio: non vinci subito? ti caccio. E come si fa a costruire (su) qualcosa, così? Metti che ai Kinks non avessero rinnovato il contratto dopo i primi dischi. “Face To Face” ce lo scordavamo, ed è un pensiero da incubo, letteralmente.
senza “face to face” il mondo sarebbe un posto peggiore…
Be’, sarebbe stata veramente folle la casa discografica a licenziare i Kinks prima di “Face To Face”. Visto che avevano a quel punto collezionato due numeri 3 e un numero 9 nella classifica britannica degli album e due numeri 1, un 2, un 4 e un 8 in quella dei singoli.
A proposito, mi ricorderò sempre le parole di elogio di Frank Zappa nei confronti di Tom Wilson: io le ho considerate sempre una delle prove inconfutabili del perchè quegli anni siano irripetibili…
Li ascolterò Eddy… non c’entra niente ma sono curioso di avere un tuo parere sui Django Django… li trovo divertenti e me li potrò gustare quest’estate a Ypsigrock…
Anche il Venerato Maestro non ce la fa ad ascoltare proprio tutto. Django Django per me sono finora soltanto un nome.