Per cominciare: strepitoso pubblicitario di sé stesso, Jack White. Nessuna agenzia si sarebbe potuta studiare per questo che è il suo primo album da solista – dopo sei con gli White Stripes, due con i Raconteurs e altrettanti con i Dead Weather e senza contare i live – una strategia di lancio più scaltra. Un primo singolo ad anticipare il lavoro già a fine gennaio, un secondo nei negozi sei settimane prima di una data di pubblicazione fissata con larghissimo anticipo (e con larghissimo anticipo è stata diffusa pure l’immagine della copertina), ancora un assaggino offerto sul web il 14 di aprile e il 17 tutto “Blunderbuss” messo in streaming gratuito (e ci mancherebbe!) sul negozio di iTunes. E nelle ultime settimane presentazioni “esclusive” per la stampa e interviste a destra e a manca. Ancora sei giorni ci separano dalla sua commercializzazione e il disco è già il più chiacchierato dell’anno. Capolavoro annunciato per certuni, laddove altri sono pronti a intingere metaforiche penne nel fiele. Ecco, il rischio di esporsi agendo come ha agito agli strali dei cinici pare fortissimo per il Nostro, ma posso supporre sia stato calcolato. “Blunderbuss” monopolizza da diverse ore il mio stereo e vi dirò: no, non credo che lo si ricorderà come una pietra miliare. Trovo però che sia un gran bell’album. Godibilissimo.
Opera variegata per scelta in questo caso programmatica (per non dir filosofica) e non commerciale, trattandosi insieme di un tirare le somme di un vissuto artistico ricchissimo (del quale fanno parte produzioni illuminanti: ad esempio per Loretta Lynn) e di un progetto di vita nuova. Per quanto non lo si riesca a immaginare Jack White che si lascia del tutto alle spalle la dimensione della rock band. Opera punteggiata di ammiccamenti che rammentano come il nostro uomo sia in prima battuta un fan, in seconda istanza pure un musicista: ed ecco allora la cover fedele di un classico funky boogie quale I’m Shakin’ (se non lo conoscete da Little Willie John potreste almeno ricordarvelo dai Blasters); ecco una trasfigurazione appena jazzata di Goodnight Irene intitolata I Guess I Should Go To Sleep; ecco il Dave Brubeck di Take Five traslocato a Nashville e il pezzo si chiama (come essere più espliciti di così?) Take Me With You When You Go. Che quelli che da “Blunderbuss” si aspettavano gli White Stripes senza Meg resteranno delusi è pacifico, giacché soltanto il tagliente rocckaccio Sixteen Salteens rimanda a quell’epoca e quell’epopea, ma l’errore è loro, non di un Jack White che, se uno sbaglio può avere fatto, è quello di avere dato un titolo a un disco che avrebbe avuto più senso fosse stato omonimo. Qui ci sono, se non tutti, diversi dei Jack White possibili ed è giusto questione di gusto preferire lo sculettare Stones di Missing Pieces all’esercizio di seduzione sempre Stones di Love Interruption, lo shuffle Zeppelin di Freedom At 21 al glam con echi di Johnny Mathis di Weep Themselves To Sleep, il valzer languido di Blunderbuss la canzone a quello bizzarramente psichedelico di On And On And On. Quest’album non sarà un capolavoro, d’accordo, ma un brano-capolavoro comunque lo regala: piano particolarmente scintillante in un contesto in cui il pianoforte è mattatore mediamente più della chitarra, Hip (Eponymous) Poor Boy è il pezzo che da quarantadue anni aspettiamo invano che scriva Paul McCartney.
Il debutto da solista di Jack White sarà disponibile in CD, LP e download dal prossimo 24 aprile.
Anche oggi un album atteso con il bollino VMO… Che bbella la internet!
Insomma un riassunto possbile preludio a nuove ripartenze ? Piesse: visto ieri Ed Laurie: c’erano trenta persone nel locale, delle quali venti lì per il concerto, esclusi fonici e baristi. Lui è stato ovviamente bravissimo: la voce come su disco, con quel tremoliio in più per averla di fronte, gli altri tre (basso, batteria, fiatista con quasi tutta la gamma di sax a portata di mano e fiato) grandiosi nel tessere e tramare. Rispetto al CD, il suono è più tagliente e meno “pieno”, si nota l’assenza del violino ma il sax ci butta dentro delle coltranerie sciccose. Nel complesso, la veste è molto più urbana e va benissimo, siccome le canzoni si confermano di caratura elevatissima. Applausi.
For Trivia fans: Ed tifa per il Liverpool…
Temo e presumo che mi toccherà riparlarne, di Ed Laurie, nella puntata 652, o giù di lì, di “Presi per il culto”.
Vero. E’ esattamente il tipo di artista – e “Cathedral” di disco – che loro malgrado finiscono nella categoria…
Premessa: Jack White è un chitarrista con i controzebedi cubici. Il disco è scabro come sabbia, mi piace perchè non è per nulla ripulito. Ho poi visto White in concerto a Lione, è un bluesman. Concerto tiratissimo, ha dato tutto, sono uscita con ancora l’adrenalina in corpo, esperienza. emozionantissima. Da rifare al più presto