Wovenhand – Live At Roepaen (Glitterhouse)

Non so voi ma io spesso, quando mi ritrovo in mano un CD (o doppio CD, o cofanetto che sia) con un DVD allegato, accantono quest’ultimo per guardarlo in un secondo momento e mi concentro sulla parte audio. Naturalmente va poi a finire che lo metto su mesi dopo e qualche volta mai. Non così – un po’ per via della location che le foto sulla confezione annunciano inusuale e suggestiva, un po’ perché già “solo” ascoltato “Live At Roepaen” mi è parso formidabile e mi è venuta voglia di gustarlo appieno – con un album che non saprei bene come collocare nella complessa e affascinante parabola artistica di David Eugene Edwards. Sicuramente ne è uno degli apici. Sicuramente è un tirare le somme sebbene non nella misura in cui lo fu, per quanto in differita, il “Live March 2001” dei 16 Horsepower. Auspicabilmente – oppure no: in quanto da costui ci si possono ragionevolmente attendere ancora a lungo estro e invenzioni –  non è un congedo da un’avventura nata in sordina, dopolavoro rispetto al progetto principale, e cresciuta fino a occupare per intero un palcoscenico sul quale il Nostro sa essere mattatore come pochi. Ecco, non avendolo mai visto in carne e ossa ero abbastanza scettico riguardo a una nomea di via di mezzo fra un Jim Morrison e uno Ian Curtis. Non più ora che, seppure soltanto su uno schermo televisivo, ho potuto verificare l’intensità stupefacente di una performance da autentico sciamano. E la sapete una cosa? Resta sempre seduto.

Io dico che “Live At Roepaen” prima dovete vedervelo. Vi resterà nella memoria e ogni volta che sarà il CD a girare la potenza iconica di questo spettacolo eternato nel dicembre 2010 in una chiesa medioevale olandese vi catturerà di nuovo, senza scampo. Superflua una contabilità da ragioniere su cosa venga da dove eccetto che per segnalare che, nel disco che forse più di ogni altro certifica l’ampiezza dello iato stilistico fra Wovenhand e 16 Horsepower, tre dei quattordici brani in scaletta vengano dal repertorio di questi ultimi, da quello che fu il loro ultimo album in studio, “Folklore”. Definitivo perfezionamento di un canone di Arcadia rivisitata fra Wilco o, ancor meglio, fra Uncle Tupelo e The Band laddove sin dal capitolo uno i Wovenhand (e si noti che oltre al leader i due gruppi condividono il bassista, Pascal Humbert) hanno inclinato per una psichedelia gotica infiltrata, oltre che di folk nordamericano, di influenze variamente etniche. Dapprincipio in una forma piuttosto libera i cui tratti si sono però fatti con l’andare del tempo più netti, lineari. Vive di uno straordinario equilibrio fra suono puro e canzone un live in cui il blues si innesta e innesca su bordoni di afflato liturgico, l’India si confonde con le Indie (His Rest in tal senso un capolavoro), la California lisergica si ritrova di nuovo alle porte del Cosmo, che notoriamente stanno su in Germania, e una voce ieratica sormonta ora sospensioni acustiche marziali, ora serrati vortici di un’elettricità sferzante. È musica diversamente sacra, di peculiarità rara, sovente sull’orlo dell’indicibile come fosse normale.

9 commenti

Archiviato in recensioni

9 risposte a “Wovenhand – Live At Roepaen (Glitterhouse)

  1. stefano piredda

    La citazione di Finardi è classe, Maestro…
    Quanto a Edwards, Edwards è DIO. Si sa.

  2. sigurros82

    Mi hai convinto, Maestro. Mi procuro anche il dvd.

    • Sono venduti soltanto insieme, quindi per procurarti il DVD devi per forza prendere il CD. No download, no vinile. Almeno per adesso.

      • sigurros82

        Sì sì, intendevo dire che mi hai convinto all’acquisto in toto 😉 A parte che David Eugene Edwards l’ho sempre voluto originale…sono anch’io un’adepta al suo culto 😉

  3. Giancarlo Turra

    Ewards è il Dio della propria religione, senza scadere nell’auto-mitologia. Il che è miracoloso, e ne fa – per l’appunto – una divinità. Chiedo scusa ma negli ultimi 4 giorni ho dormito poco e male…

  4. Giancarlo Turra (mind expaned of his own)

    Negli ultimi e strani giorni mi hanno sorretto Dr.John e Jonathan Wilson. A un certo punto, si sono pure sommati fino a divenire un’unica creatura: Dr. Johnathan Wilson. Ma ero a tal punto demolito che del sogno non ricordo più nulla…

    • Taking medicines to listen to music they take drugs to make… o all’incirca e in ogni caso: turn off your mind, relax, and float downstream è sempre un grande consiglio, benché il Dr. John in tal caso sia un altro.

  5. Giancarlo Turra (santa psichedelia portami via)

    Assolutamente: se poi uno è stimolato – chissà da chi, eh… – a rituffarsi senza rete in Golden Dawn e Motorpsycho, beh, ci siam capiti, ecco… ;D

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