PiL – This Is PiL (PiL Official Limited)

Da Bill Grundy all’“Isola dei Famosi” è un bel salto, per quanto compiuto in ventotto scomodi anni, e non lo rendeva meno mozzafiato per chi osservava – in uno stato di perplessità oscillante dal divertito all’inorridito – che prima John “ei fu Rotten” Lydon fosse transitato pure dalla versione britannica di “Forum”. Negli otto ulteriori anni trascorsi il Marcio è stato presenza ricorrente sugli schermi televisivi del Regno Unito e non solo, esibendosi nei ruoli più impensabili, dalla guida turistica all’entomologo dilettante, ogni tanto dando scandalo (pare che nel paese di God Save The Queen sia ancora facilissimo: basta chiamare qualcuno/qualcuna “fucking cunt”), più spesso riducendosi a macchietta. Che in ogni caso buchi lo schermo lo certificano le vendite aumentate dell’85% di una nota marca di burro cui ha fatto pubblicità: proventi interamente investiti, a quanto racconta il nostro uomo, in questo ritorno alla ribalta dei Public Image Ltd. e come strategia mi sembra comunque assai più punk-rock dell’ulteriore riesumazione, a cavallo fra il 2007 e il 2008, del cadavere Sex Pistols. Una roba patetica, imbarazzante. Almeno i “nuovi” PiL, in tour dal 2009 sempre per finanziare il primo lavoro in studio a due tondi decenni dal congedo “That What Is Not”, non hanno portato in giro un programma di sole hit. Magari anche perché non ce n’erano abbastanza? Paradosso: da una parte i PiL ufficiali, tacciati dai componenti originali Keith Levine e Jah Wooble, contemporaneamente in circolazione come Metal Box In Dub, di tradimento dello spirito delle sperimentali origini; dall’altra Levine e Wobble che invece di perpetrarne di inediti tornano sul luogo di delitti antichi. Chi ha più coraggio?

Naturalmente non mi aspettavo nulla di buono da uno che (efficaci comparsate a parte, tipo Leftfield) non combina nulla di buono davvero da “The Flowers Of Romance”, ossia dal 1981. Da tutto il catalogo Public Image successivo, altri cinque album, si possono cavare brani decenti bastanti a riempirci un mini, non di più. A un certo punto già del primo ascolto di questo nuovo, I Must Be Dreaming è diventato allora, oltre che il titolo della sesta delle dodici tracce in programma, un riassunto ideale del mio stato d’animo. Incredulità. Tre o quattro passaggi dopo, non direi entusiasmo ma qualcosa che comincia a somigliargli. Voce che della malevolenza d’antan non conserva che qualche guizzo che sa al più di benevolo sberleffo, una delle migliori edizioni di sempre del gruppo (alla chitarra Lu Edmonds e alla batteria Bruce Smith che già ci furono in passato, al basso il debuttante Scott Firth) a fiancheggiarlo, Lydon esibisce una forma e una verve che mai ti saresti aspettato sin dal raga moderatamente sferzante della traccia che inaugura e battezza.  E da lì a una Out Of The Woods che chiude azzardando il piglio più ossessivo e gli scenari più foschi – essendo passato per il funk “in dub” di One Drop, per una Deeper Water di slanciata epicità e una Terra-Gate che è la più spiccatamente wave del lotto, per il recitativo di The Room i Am iN e un’esilarante, declamante Lollipop Opera fra il ludico e il guerriero – non molla mai il colpo. Melodia micidiale nella sua elementarietà, chitarra dall’ultrapsichedelico all’hard su una pulsazione ritmica gioiosamente mesmerica, Human ci regala il Lydon più memorabile da trent’anni in qua. Persino pacificato, parrebbe.

“This Is PiL” verrà pubblicato lunedì 28 maggio.

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