ZZ Top – La Futura (American Recordings)

Roba che al solo pensiero l’amministratore delegato della Gillette dovrebbe affrettarsi a prenotare quella decina di sedute dall’analista: riunite in un’unica stanza non le due – come sarebbe nell’ordine delle cose se è un album degli ZZ Top che vi si sta registrando – bensì le tre barbe più incolte della storia del rock. Giacché accanto a Billy Gibbons e a Dusty Hill siede il quarantanovenne (ma non ne aveva che quarantacinque quando la collaborazione iniziò) Rick Rubin. Un ragazzino al confronto degli altri due e uno vivaddio tuttora con degli entusiasmi da ragazzino, anche se con l’incredibile cv che vanta riesce difficile immaginarlo ancora emozionato al cospetto di un qualunque suo eroe. L’uomo che rivitalizzò Johnny Cash come nessuno avrebbe mai creduto possibile sta cogliendo in questo secolo seminuovo il bersaglio grosso con percentuali che, nei suoi anni che vengono considerati aurei, manco avvicinava. Sarà l’esperienza. Sarà che quando hai collezionato trofei scendi in campo con una sicurezza, una rilassatezza che ti aiutano a rendere al meglio. E ti viene facile fare rendere al meglio anche gli altri. Magari troppo rilassati stavolta, eh? Quattro anni per completare dieci canzoni per un totale di minuti trentanove e secondi diciotto fa due canzoni e mezzo all’anno, meno di dieci minuti di musica. Ma non lo diresti mai che ci si sia lavorato così a lungo ascoltando un disco che a tratti scommetteresti inciso dal vivo per quanto è energico e ruspante. Tutto sommato sì, valeva la pena di attenderlo quattro anni più cinque che fa nove, “La Futura”.

Beninteso: non una pietra miliare, no. Però non è soltanto perché le aspettative erano in realtà quasi zero – dopo la delusione che era stato “Mescalero”; considerando da quanto questi signori non fanno un album degno della trilogia con cui si aprì la loro carriera e c’è (quelli che i sintetizzatori di “Eliminator” ancora devono digerirli) chi sostiene sia da “Deguello” e dunque dal ’79 – che il quindicesimo lavoro in studio del trio texano sembra tanto soddisfacente sin dal primo ascolto. È che per cominciare la durata è giusta per chi vive di riff, laddove il lontano predecessore aveva fallito anche perché la stiracchiava per oltre un’ora, ché a buttar via scegliendo bene la metà dei suoi sedici brani un dischettino decente sarebbe saltato fuori. È che Gibbons a questo giro ha evidentemente trovato i complici giusti nel processo di scrittura. È che Rubin ha aiutato a sfrondare, sia quando si trattava di scegliere a cosa porre mano e a cosa no (e il più delle volte è stato no: si parla di prove e scarti bastanti a riempirne una ventina di CD), sia quando poi si è trattato di registrare. Stabilisce subito il tono una I Gotsta Get Paid rombante e arrembante e da lì all’esercizio di classicismo  soul Have A Little Mercy con il quale l’album si congeda non si segnalano cali di tensione. Nemmeno quando ci si concede a una serenata sudista quale Over You che è facile immaginare da Otis Redding. Non quando il blues strascica i piedi chiedendosi se inginocchiarsi o no ed è It’s Too Easy Mañana, o quando si affacciano al proscenio un paio di pezzi – Heartache In Blue, Flyin’ High – da suggerire agli Stones. Altro di discretamente memorabile: una Consumption di uno scorticato, di un roco che quasi fanno paura; l’hard boogie rhythm’n’blues Big Shiny Nine. Non vi prometto di più: vi divertirete.

1 Commento

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Una risposta a “ZZ Top – La Futura (American Recordings)

  1. Non male questo La Futura, si si, concordo 😉
    Ma secondo me anche Rhythmeen, il disco del ’96, era un ottimo comeback artistico, forse un po’ più pompato nei suoni ma molto “grasso” e rock

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