Presi per il culto (25): Rodriguez – Cold Fact (Sussex, 1970)

Famiglia numerosa quella del nostro eroe e già lo dichiara il nome, Sixto, che lo dice il sesto figlio per Ramón e Maria, che lo dà alla luce nel 1942 e lo lascia orfano tre anni dopo. Cresciuto in un quartiere di Detroit a massiccia predominanza latina, il ragazzo perde tuttavia per strada andando a scuola la lingua madre e sono giusto le canzoni tradizionali che gli canta il padre, accompagnandosi alla chitarra, a conservargliene una qualche memoria. È la prima musica a commuoverlo, ove sono i gruppi del doo wop e il blues elettrico di Jimmy Reed ad accompagnarne l’ingresso nell’adolescenza. Fortunatamente scartato dall’esercito, nel quale ha cercato di arruolarsi volontario, mentre sempre più coetanei partono per il Vietnam lui si gode la strepitosa fioritura di talenti e successi cittadina chiamata Motown e insieme la British Invasion. Frequenta il campus della Wayne State University, scrive le prime canzoni, comincia a suonarle e cantarle per locali perlopiù malfamati (gli piacciono in particolare i ritrovi di puttane e motociclisti), si fa notare se non altro per il curioso modo di presentarsi in pubblico: spalle sempre rivolte alla platea per non farsi distrarre nell’esecuzione di brani in cui coesistono il folk di impronta chicana e quello di radice anglosassone e inoltre blues e soul. Lo vede Harry Balk della Impact e nella primavera del ’67 gli fa incidere un singolo che passa inosservato. Poco dopo vende la compagnia a Berry Gordy e va a lavorare per costui e insomma per Rodriguez – o meglio: per Rod Riguez, come è stato assurdamente ribattezzato per cercare di mascherarne le origini chicane – sembrerebbe che i sogni di gloria vadano subitaneamente riposti in un cassetto. Non fosse che al 45 giri hanno collaborato Dennis Coffey – formidabile chitarrista e uno Steve Cropper della Motor City – e il tastierista e arrangiatore Mike Theodore ed è su insistite pressioni della coppia che alla lunga la Sussex (un sottomarchio Buddah) si fa convincere a ingaggiare il nostro uomo.

Faccio brevissima una storia lunga e vado a dire di un LP favoloso  – un po’ “Forever Changes” e un po’ “Bringing It All Back Home”, con una spolveratina in parti eguali di Fred Neil e del Donny Hathaway di “Everything Is Everything” -registrato non nel più usuale dei modi, con Theodore e Coffey che prima fermano su nastro le tracce di voce e chitarra acustica di Rodriguez e quindi ci costruiscono attorno, complici la ritmica dei Funk Brothers ed estese sezioni di archi e fiati, arrangiamenti spesso sofisticati, ma mai sopra le righe. Se sul serio l’iniziale Sugar Man sembra sottratta a un Arthur Lee in stato di grazia, Only Good For Conversation scodella chitarre al fuzz da Ed Hazel al top. Se in Crucify Your Mind Bob Dylan incontra Van Morrison e in Inner City Blues chiama alla collaborazione Robert Kirby, in Hate Street Dialogue Fred Neil flirta con il garage e Tim Hardin, salvo piazzare poco dopo una Everybody’s Talkin’ punto minore intitolata I Wonder. Quanto a Forget It: non sarà la più memorabile delle dodici canzoni in programma, ma è quella che lascia più basiti. Siccome pare impossibile che non sia stata il colossale successo che sarebbe potuta essere affidata, ad esempio, a un James Taylor.

Da lì ad appena un anno e dopo avere pubblicato per il medesimo marchio un secondo 33 giri bello ma non cosi tanto (per quanto “Coming From Reality” meriterebbe l’acquisto anche solo per la serenata Silver Words e il flamenco post-Hendrix Climb Up On My Music), Sixto Diaz Rodriguez alza bandiera bianca e si dedica ad assortiti studi e alla politica. A sua totale insaputa “Cold Fact”, quasi completamente ignorato negli USA, conquista schiere di estimatori in Nuova Zelanda, Australia e soprattutto Sudafrica, dove addirittura una riedizione in CD sarà disco di platino. Stupefatto sessantenne, vendicherà gli apparenti fallimenti giovanili con tre tour – 1998, 2001 e 2004 – che lo vedranno girare il paese di Mandela per palasport, con fuori immancabile un cartello: “sold out”. Appena un antipasto poi di quanto accadrà fra il 2008 e il 2009, con entrambi gli album ristampati da Light In The Attic e a seguire concerti in tre continenti, servizi sulla CNN, apparizioni da David Letterman e, nel 2012, un documentario prodotto in Svezia e già applaudito in diversi festival, Searching For Sugar Man. Lontanissimi i tempi in cui il Vostro affezionato impiegava, dopo averne letto in un articoletto su “Mojo”, due anni a mettere le mani su un album emozionante come poche scoperte dopo l’età fulgida – i venti, inevitabilmente – delle scoperte.

13 commenti

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13 risposte a “Presi per il culto (25): Rodriguez – Cold Fact (Sussex, 1970)

  1. posilliposonica

    Posso perorare l’inserimento dei To Damascus di “Come To Your
    Senses” in una qualche puntata futura di questa rubrica ?

  2. Giancarlo Turra

    Peroro anche io per i To Damascus: e rilancio con Black Sun Ensemble, Saccharine Trust, Always August…

  3. ross

    Grazie eddy per avermi fatto scoprire questa meraviglia.Cavolo sono piu. di 20 anni che seguo e leggo di musica,e’ la prima volta che ne sento parlare.Mah, saluti e forza Juve.

  4. Francesco

    @Black sun ensemble di jesus acedo? cristo c’è qualciuno che ancora li ricorda! e gli always august, 2 lp e un mini (bellissima copertina) che a casa mia giravano parecchio sul piatto, complice una dead dipendenza che neppure keith richards con la roba

    • Giancarlo Turra

      Gli Always Agust sono – grazie, va da sé al VMO – una delle mie cult band preferite in assoluto. Lo stesso i Black Sun Ensemble di Acedo, e – in un contesto del tutto diverso – i Field Mice. Sono quei gruppi che, zitti zitti, hano portato avanti un’idea di musica spogliata dal contorno di chiacchiere e glamour, facendo dischi tuttotra di grande valore. Si spera sempre in una riscoperta, o in un amplairsi della cerchia di conoscitori…

  5. el murro

    visto che questo sembra essere diventato l’angolino delle richieste (e rimanendo in ambito grossomodo “desertico”): qualcosa sui Man from Missouri?

    • Giancarlo Turra

      Grande disco, quello. Roba da “uber cult”…

    • A rendere difficilmente esaudibili certe richieste – problema un po’ paradossale nell’era di Internet, ma tant’è – è che ci sono artisti/gruppi sui quali dire che le notizie latitano è un eufemismo. E allora o riesci a recuperare qualcosa dai giornali d’epoca o rinunci. Persino AMG ignora “Man From Missouri”, disco che per inciso adoro.

  6. Carlo

    Prima di leggere questo articolo, mesi orsono, nulla sapevo dell’incredibile storia di questo artista e di questo disco meraviglioso, degna di una sceneggiatura da Pulitzer se non da Oscar, e infatti scopro or ora che lo splendido documentario svedese sulla vicenda artistica e umana di Sixto Rodriguez ha addirittura vinto la statuetta come miglior documentario.
    Un film stupefacente, sorprendente e a larghi tratti commovente , e ovviamente con la meravigliosa colonna sonora di Cold Fact ,che mi permetto davvero di consigliare anche se ad oggi è disponibile solo in inglese .

  7. Daniele

    Ottimo ripescaggio. Non male anche “Live Fact”, registrato in Sudafrica proprio durante il tour del 1998. A proposito di culti è possibile vedere un giorno su queste pagine il nome di Tucker Zimmerman?

    • Chissà… dovrei prima studiare però, visto che mi tocca confessare un’assoluta ignoranza riguardo al nome che citi.

      • Francesco

        ma come, è il cugino di dylan, non lo conosci? ha fatto due lp meravigliosi tra il 74 e il 76, poi è sparito peerchè si è convertito ad una setta evangelica.

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