Nell’autunno 1999 tornavo a collaborare, dopo un’ assenza ultradecennale da quelle colonne, a un allora settimanale “Il Mucchio”. Pochi mesi dopo, un progetto tanto ambizioso nelle intenzioni quanto piuttosto povero nella realizzazione ricavava un indubbio arricchimento dalla nascita di un inserto che da allora, con cadenza mensile, si sarebbe occupato di ristampe e, più in generale, di materiali d’archivio. Vecchi almeno dieci anni – come regola – al momento della trattazione. Al primo “Classic Rock” contribuivo, oltre che con diverse recensioni, con un ricordo di Curtis Mayfield che coincideva con la prima “Pietra miliare” e, soprattutto, con la prima di una serie infinita di discografie minime. Si cominciava parlando di punk.
Alcune cose che accaddero nell’ottobre del 1977… In Gran Bretagna i Sex Pistols, dopo avere scandalizzato una volta di più con un singolo, il quarto (Holidays In The Sun), pubblicavano il loro primo (e unico vero) LP, “Never Mind The Bollocks”. Niente sarebbe più stato lo stesso per il rock. Gli X-Ray Spex dal canto loro esordivano a 45 giri con la schizoide Oh Bondage Up Yours. In Francia debuttavano sulla breve distanza i geniali Metal Urbain. Negli Stati Uniti pubblicavano il loro primo album i Dead Boys di Stiv Bators. E in Italia? I frequentatori di edicole del Bel Paese (specie rara allora come oggi) si ritrovavano fra le mani una nuova rivista musicale. Un nome singolare, ispirato dal western capolavoro di Sam Peckinpah, Neil Young in copertina e trentadue paginette in bianco e nero dalla grafica artigianale. Blues, country, folk i generi affrontati. E il punk? L’unico indizio che qualcosa di importante stava accadendo nel rock è dato da una pagina comprata dalla RCA per pubblicizzare, fra gli altri, “Leave Home” dei Ramones.
Nei tanti anni trascorsi da allora “Il Mucchio Selvaggio” ha fatto ampiamente ammenda della cantonata presa allora sottovalutando, quando non dileggiando, il punk e dal 1980 in poi è sempre stato in prima fila nel propagandare ogni novità degna di nota. Senza mai dimenticare che in musica come in chimica nulla nasce dal nulla e non si può dunque comprendere il presente e immaginare il futuro senza conoscere il passato. L’inserto che da questa settimana, con cadenza mensile, lo arricchirà vuole offrire ai lettori più giovani un agile strumento per impossessarsi dei rudimenti della storia del rock (ma non solo) e ai più esperti un piacevole ripasso, qualche approfondimento e, per quanto riguarda nello specifico questa rubrica, un’occasione per indignarsi per l’esclusione di questo o quel titolo dai decaloghi che di volta in volta esporremo. Nessun problema, siamo tutti commissari tecnici della nazionale.
Ci è piaciuta l’idea di partire dall’anno in cui partì “Il Mucchio”. Il punk consumò in fretta la sua rivoluzione, mischiandosi poi ad altri generi, evolvendosi in hardcore o al contrario fossilizzandosi in stilemi che hanno finito per rivelarne la natura reazionaria. Ben poco di quello odierno vale l’inchiostro che si usa per parlarne, ma i classici restano classici. Ah… il 1977 cominciò nel ’76 e finì nel ’78. Il punk successivo, anche il più valido, sarà comunque, in qualche maniera, un’altra cosa.
ADVERTS “Crossing The Red Sea With The Adverts” (Anchor, 1978) – Ci si ricorda raramente degli Adverts quando si elencano i capisaldi del primo punk inglese. Sarà perché non suscitarono il clamore dei Pistols, le loro canzoni non erano immediate come quelle dei Buzzcocks e non ebbero, dacché si sciolsero dopo un secondo LP indecoroso, una carriera lunga e gloriosa come i Clash o i Jam. Ma sotto il profilo squisitamente musicale “Crossing The Red Sea”, dirompente ma alquanto elaborato nella scrittura, è forse il prodotto migliore di quel luogo e quell’era. Da riscoprire assolutamente.
BUZZCOCKS “Singles Going Steady” (United Artists, 1979) – Furono i primi ad autoprodursi, i mancuniani Buzzcocks, registrando e stampando in proprio un biglietto da visita chiamato Spiral Scratch. Non troverete le quattro canzoni in esso comprese in questa raccolta ma in compenso ne avrete altre sedici al pari straordinarie, i lati A e B dei primi otto 45 giri pubblicati dal gruppo su United Artists. Canzoni memorabili nel senso letterale del termine, perfetta unione di impeto punk e melodia pop che da allora fa scuola. Potete chiedere informazioni al riguardo ai Green Day, o ai Prozac+.
CLASH “The Clash” (CBS, 1977) – Un disco perfetto fin dalla copertina, che sul davanti coglie Paul Simonon, Mick Jones e Joe Strummer in un vicolo, facce serie e un po’ annoiate, e sul retro propone un’immagine, con la polizia che carica, dei disordini razziali a Notting Hill Gate che ispirarono il tumulto di versi infuocati e chitarre rabbiose di White Riot, modello di quasi tutto il resto della micidiale scaletta. Rilevante eccezione il reggae di Police & Thieves (una rilettura di Junior Murvin). Chiaro segnale da subito che i Clash non volevano farsi intrappolare dagli stereotipi.
DAMNED “Damned Damned Damned” (Stiff, 1977) – Il primo singolo punk britannico? New Rose dei Damned, che usciva nell’ottobre del 1976. Il primo album? Questo, che vedeva la luce nel febbraio dell’anno dopo. L’importanza storica dei Dannati è indiscutibile. Sui meriti artistici si può invece dibattere. Paragonato agli altri titoli affrontati in queste due pagine, il debutto dei Damned (che resta ad ogni buon conto il loro disco più riuscito) perde il confronto con quasi tutti. Vale dunque come istantanea dell’epoca e per una manciata di brani (metà programma) comunque ancora eccitanti e godibili.
DEAD BOYS “Young, Loud And Snotty” (Sire, 1977) – Titolo esplicito: “Giovani, rumorosi e arroganti”. Testi pure. Musiche, di più. Bardature sadomaso, schizzi di sangue, abuso di sostanze illecite. Provenienti da Cleveland, Ohio (la stessa città dei Pere Ubu; antenati in comune i seminali Rocket From The Tombs), i Ragazzi Morti sbarcano nella Grande Mela e mettono a ferro e fuoco la scena locale gravitante sul CBGB’s evocando la Detroit di Stooges ed MC5 con un pugno di canzoni che valgono qualunque cavallo di battaglia dei maestri. Ascoltare (Sonic Reducer) per credere.
RICHARD HELL & THE VOIDOIDS Blank Generation (Sire, 1977) – Chi ha inventato il look punk a base di catene, magliette e jeans laceri e capelli scagliati dal gel verso il cielo? I Sex Pistols? No. Malcolm McLaren? Nemmeno. Fu in realtà il prime mover del punk newyorkese Lester Myers, in arte Richard Hell, che McLaren copiò. Ma non è per questo che a Hell, allontanato dai Television da un Tom Verlaine geloso, va riconosciuto un ruolo chiave nella genesi del genere. Sono Blank Generation, brano ed LP, a conquistarglielo. Rispettivamente, un inno e un capolavoro.
RADIO BIRDMAN Radios Appear (Trafalgar, 1977) – In maniera più “tradizionale” rispetto ai Dead Boys, gli australiani Radio Birdman si pongono pur’essi in scia a MC5 e Stooges, che al tempo erano sciolti da pochi anni ma parevano assai più “preistorici” di quanto non sembrino oggi. Spingono l’omaggio fino a coverizzare, nell’edizione americana di “Radios Appear” (quella australiana ha una scaletta diversa) la T.V. Eye dei secondi. Forse non saranno punk (ai Radio Birdman l’etichetta non è mai piaciuta), ma questo e il seguente “Living Eyes” sono due dei più bei dischi di rock stradaiolo di sempre.
RAMONES “Ramones” (Sire, 1976) – Jeans sdruciti, giacconi da tranviere, capelli a caschetto. E poi: canzoni di due o tre accordi bruciate in due minuti. E ancora: cadenze surf, impasti vocali alla Beach Boys, melodie semplicissime e impossibili da cancellare dalla memoria. Tutto qui il segreto dell’eterna giovinezza dei finti fratelli di Forest Hills, New York. Ci hanno marciato splendidamente per vent’anni, quasi altrettanti album e 2263 concerti. Tutto era già presente nel primo LP. Catturatelo, insieme con il successivo “Leave Home”, nel CD “All The Stuff And More Vol.1”.
SAINTS “I’m Stranded” (EMI, 1977) – Ritmi per quattro quinti della scaletta (fa eccezione un paio di ballate elettriche) incalzanti, chitarre affilate, ritornelli nevrotici/innodici. Pur danneggiato da una produzione invero approssimativa (era stato concepito come demo), il debutto del quartetto di Brisbane (poi trasferitosi a cercar fortuna, invano, in Gran Bretagna) ventitre anni dopo risulta ancora esplosivo. Soprattutto nei frenetici 3’25” della canzone che lo inaugura e lo battezza. Se ci chiedessero di esemplificare il punk dei primordi con un solo brano, ecco, è quello che sceglieremmo.
SEX PISTOLS “Never Mind The Bollocks, Here’s The Sex Pistols” (Virgin, 1977) – Dovendolo invece raccontare con un album, quale si presterebbe più di questo? Non il migliore fra quelli che abbiamo individuato come migliori. Anzi! Ma cosa sarebbe stato il punk (ci sarebbe stato il punk?) senza la banda di Johnny il Marcio? Istrionici, iconoclasti e furbetti, i Sex Pistols musicalmente non inventarono nulla (nulla che non avessero inventato gli Who o gli Stooges, se non Eddie Cochran) ma in materia di rapporto con i media scrissero pagine che tuttora si studiano con divertita ammirazione.
Ne voglio ancora!
ALTERNATIVE TV “The Image Has Cracked” (Deptford Fun City, 1978) – Mark Perry, massimo teorico del punk britannico, mette in pratica i suoi insegnamenti.
GENERATION X “Generation X” (Chrysalis, 1978) – I più pop del mazzo.
HEARTBREAKERS “L.A.M.F.” (Track, 1977) – L’anello di congiunzione fra i New York Dolls e il punk.
JAM “In The City” (Polydor, 1977) – Gli eredi degli Who di My Generation.
METAL URBAIN “Les hommes mort sont dangereux” (Byzz/Rough Trade, 1981) – Sex Pistols + Suicide = Metal Urbain. Postumo.
SHAM 69 “Tell Us The Truth” (Polydor, 1978) – Gli iniziatori, loro malgrado, del discusso filone Oi!.
PATTI SMITH GROUP “Radio Ethiopia” (Arista, 1976) – Rimbaud incontra Jim Morrison e diventa donna, a New York.
STRANGLERS “Rattus Norvegicus” (United Artists, 1977) – Dei Doors irranciditi da una permanenza troppo prolungata nei bassifondi.
WIRE “Pink Flag” (Harvest/EMI, 1977) – I più avanguardisti.
X-RAY SPEX “Germ Free Adolescents” (EMI, 1978) – Rock’n’roll sfregiato dal vetriolo di un sax urlante.
Pubblicato per la prima volta su “Il Mucchio”, n.386, 29 febbraio 2000. Ristampato in forma lievemente rimaneggiata sempre su “Il Mucchio”, n.697, agosto 2012.
il mio preferito rimane quello degli Adverts
Dei primi 10 mi manca solo quello dei Dead Boys, non so perchè, ma non l’ho mai comprato.
Direi di inserire assolutamente “The Crack” dei RUTS.
Henry
Album favoloso, ma non eleggibile perché del 1979.
Clash, Sex pistols e Patti smitrh (il mio preferito della smith, sorpassato da horses solo in certe giornate) sugli scudi, ma un posto speciale anche per i radio birdman. la cover dei 13th floor elevators è devastante e a casa la usiamo per fare arrabbiare la mamma!
Saints al primo posto di un’incollatura sui Damned mentre al terzo
posto ex aequo per Ramones e Clash.
Per me, Blank Generation sul gradino più alto. Primo, primissimo posto.
Sempre stimolanti queste discografie base: aiutano a fare ordine, a riconsiderare, a riascoltare. E a scoprire: quella sul power pop, inserita nel blog un anno fa, mi ha fatto prendere in mano (maliziosi…) Shake some action dei Flamin Groovies. Ebbene sì, non l’avevo mai ascoltato, sciocco che non sono altro.
Che i Clash già nel 1977 inserissero, nel loro disco punk, “police and thieves” (con un arrangiamento strepitoso), è cosa che mi lascia sempre stupefatto e ammirato.
Una domanda : in un pomeriggio sonnacchioso ti viene voglia di
(ri)ascoltare una quarantina di minuti del primo punk californiano.
Dalla libreria quale album prendi per metterlo sul piatto ? Black Flag,Germs,Dead Kennedys,Bad Religion,X, oppure…
X. In seconda battuta, ma molto distanziati, Dead Kennedys.
(Ri)prova i Flesh Eaters.
favolosi !!!!
Pochi anni fa ho scoperto che Chris Desjardins e’ (anche)
un fanatico di cinema giapponese genere gangster, a cui
ha dedicato un paio di libri (consideratissimi in ambito acca-
demico).
8.49…non è l’ora del mio post, ma gli euro spesi per il disco degli Adverts…la bellezza di internet ogni tanto 🙂
Sempre snobbato (colpevolmente), grazie per avermeli fatti ricordare: mi sono messo in caccia e guarda caso è finito nel carrello della spesa.
ocio che c’è una ristampa con i brani dei singoli come ghost tracks, ma collocate in modo che devi risalire con il tracking indietro, partendo dal primo brano !!!!
Senza nulla togliere agli altri, che sono tutti grandissimi, per me viene prima Radios Appear e poi I’m Stranded, Clash, Dead Boys, e via via tutti gli altri. Vorrei solo fare una considerazione sui Saints che secondo me arrivaro prima di tutti, visto che l’embrione di I’m stranded fu registrato nel 1974!