Il giorno che John Kennedy morì e Billy perse la sua innocenza

John e Jacqueline Kennedy

Andavo proprio d’accordo con le donne lì alla Katie Gibbs, donne irlandesi cattoliche, e con tutte le cuoche, fino al giorno in cui spararono a John F. Kennedy e io esagerai un po’. Le trovai tutte ammucchiate in un angolo che piangevano. Dissi: ‘Andiamo, che succede? Non sarà una piccola sparatoria a scombinarci la cena!’. Mi ci volle del bello e del buono per farmele di nuovo amiche.” (Spalding Gray, Sesso e morte fino a 14 anni)

Sia stato l’uomo senza macchia dipinto da Oliver Stone nell’agiografico “JFK” o il gangster contro cui scaglia boccetta su boccetta di vetriolo James Ellroy, una cosa è certa: John Fitzgerald Kennedy ha esercitato un’influenza senza pari sull’immaginario americano (e di riflesso dell’Occidente tutto) degli anni ’60. Per come visse e per cosa rappresentò, tanto per cominciare: mai era stato eletto un presidente così giovane e mai prima di lui un cattolico, un non W.A.S.P., era entrato alla Casa Bianca. La sua carica di ottimismo e il suo appellarsi agli ideali, troppo spesso negletti, espressi dalla carta costituzionale statunitense, il suo appoggio alle lotte per i diritti civili, persino il semplice fatto che avesse una moglie maledettamente desiderabile e che fosse notoriamente un cacciatore di gonnelle rappresentarono per gli U.S.A uno stacco sconvolgente rispetto al grigiore dell’era di Eisenhower. Ma furono soprattutto le tragiche circostanze della sua morte a colpire al cuore la generazione dei baby boomers, che proprio allora si stava approssimando all’adolescenza, e a farne per sempre un’icona, il santino del sogno di un mondo migliore.

John Fitzgerald Kennedy morì un attimo prima che i Beatles conquistassero l’America (“All You Need Is Love” avrebbe potuto essere uno slogan perfetto per la sua seconda campagna presidenziale), un attimo prima che il rock’n’roll diventasse rock e assumesse, involontariamente ma non casualmente, potenti valenze politiche. La nazione hippie che manifesterà contro Johnson e Nixon si dimenticherà, convenientemente, che nella guerra del Vietnam gli Stati Uniti erano stati trascinati proprio da Kennedy.

Da quel fatale 22 novembre 1963 il mondo del rock non ha mai smesso di celebrare il presidente assassinato. Con effetti a volte involontariamente esilaranti (l’impagabile John Fitzgerald Kennedy dei Renegades), altre volte profondamente toccanti (He Was A Friend Of Mine dei Byrds, The Day John Kennedy Died di Lou Reed). Chi nel suo omaggio ha volutamente cercato l’effetto comico, cogliendo in pieno l’obiettivo, è stato Jim Carroll, che chi sa di rock ricorderà titolare negli anni ’80 di tre splendidi album, fra Lou Reed e Patti Smith, e che anche l’Italia ha di recente scoperto (meglio tardi che mai) nei panni di adolescente sensazionalmente dotato per la scrittura, grazie alla pubblicazione dei suoi diari dei primi ’60 (Jim entra nel campo di basket). Nel 1991 Carroll diede alle stampe, per i tipi della Giant (una sottomarca della Reprise), “Praying Mantis”, un disco registrato quasi interamente dal vivo e solo parlato il cui quarto d’ora più memorabile è rappresentato da un monologo intitolato The Loss Of American Innocence. È la narrazione di un episodio di “vita vissuta”, uno sfortunato esperimento nel campo del sesso fai-da-te, di un compagno d’infanzia del Nostro, tale Billy. Riassumendo ciò che non è riassumibile – ché bisogna sentire Carroll come tiene in pugno il pubblico – la storia è quella che segue. Al buon Billy, che va scoprendo le gioie della pugnetta, gli amici suggeriscono che qualche rivista con foto sconce può essere propedeutica a tale esercizio. Ma sono i primi anni ’60 e la pornografia non si trova a ogni angolo di strada nemmeno a New York, e poi Billy non vuole rischiare che la madre scopra giornali compromettenti. Il massimo che trova in casa è una foto, sul rispettabilissimo “Time Magazine”, di Barbra Streisand in bikini, il davanzale particolarmente prominente, e con quella decide di aggiustarsi. Il secondo consiglio dei soliti amici è decisamente più perfido: pare (sembra, si dice) che due fettine di filetto di vitello accostate riproducano particolarmente bene le parti intime di una ragazza. Facendola breve: un bel giorno (indovinate quale), Billy scopre in frigo una confezione di bistecche di quelle che si possono aprire e richiudere senza rompersi e, in assenza della madre, si accomoda sulla tazza, fettine farcite in una mano, “Time Magazine” nell’altra. Naturalmente, mammà rientra in anticipo e comincia a mettere a posto la spesa. Il rumore che fa in cucina un po’ disturba la concentrazione di Billy, ma la faccenda si sta facendo piacevole e dunque il nostro eroe prosegue con foga il dolce su e giù. Senonché… La madre accende la TV. Billy la sente che si precipita ad alzare il volume. Sempre più innervosito, la ascolta gridare e piangere. E un attimo dopo la porta del bagno si spalanca: “Hanno sparato a John Kennedy a Dallas, Billy! Pare sia morto. O mioddio! Che stai facendo!?”. Il seguito potete immaginarlo: il povero Billy con in mano due filetti di cui non sa più cosa fare e la madre che si aggira per casa ripetendo ossessivamente “sono accadute due cose tremende oggi, una alla mia famiglia e una alla nazione” e dando spietatamente conto al reprobo dei bollettini medici. Fino all’annuncio finale: “È morto, è ufficiale”.

E Carroll conclude, ineffabilmente: “Molti dicono che l’America ha perso la sua innocenza il giorno che John Fitzgerald Kennedy è stato assassinato. Quello che io so per certo è che il mio amico Billy perse la sua innocenza quel giorno.”.

Scritto per il numero 2 di “Magic Fuzz”, estate 1996. Inedito.

10 commenti

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10 risposte a “Il giorno che John Kennedy morì e Billy perse la sua innocenza

  1. Stefano Piredda

    Sei un grandissimo, Eddy.
    Te l’avevo mai detto?

  2. LucasCR

    mi ricordo (spero bene) che quando usci’ il terzo di Jim, se ne parlo’ male male. Cioe’…se adesso uscisse un disco cosi’, farei salti di gioia fino in Italia

  3. Grande Carroll, questa non la sapevo.

  4. Rusty

    E io che pensavo che quella delle fettine di vitello fosse la solita pirlata del mio amico Cagnàz. Bell’articolo, di quelli che fanno la differenza fra uno spargi-inchiostro qualunque e uno Scrittore.

  5. Gian Luigi Bona

    A me manca Jim Carroll, canzoni come People Who Died, City Drops In To The Night (…mister, I’m your connection…), Day and Night, Rooms Three Sisters e poi potrei nominarle tutte ! Fanno battere forte il mio cuoricino di rocker 52enne come quando uscirono.
    vorrei ristampassero almeno i dischi perché i miei vinili fanno pietà oramai.

  6. Gian Luigi Bona

    Avete letto 22/11/1963 di Stephen King sull’uomo che viaggiando nel tempo voleva salvare Kennedy ?
    Fatevi del bene, leggetelo…
    …e dopo mi chiederete l’IBAN per stebitarvi dello straordinario consiglio che vi ho dato !!!

    • umile discepolo

      Ehm…beh…dai… l’IBAN magari per questa volta evito di chiedertelo, però un caloroso ringraziamento per la pulce che mesi fa m’hai messo nell’orecchio te lo faccio. Un libro davvero meraviglioso.

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