Archiviata (supponevo per sempre) l’esperienza “Mucchio Selvaggio” (cinque anni e mezzo che dire “formativi” è un eufemismo) era tempo di lanciarsi in un’avventura che sarà relativamente breve, stressante, a tratti esaltante, alla fine schiantante: “Velvet”. Da un mese all’altro “Bassifondi” si trasformava in “Cheap Thills” e con quale disco inaugurare il nuovo corso della rubrica se non con il capolavoro da cui prendeva il nome? A “Velvet” darò “a piece of my heart” e – nonostante tutto – non me ne sono mai pentito.
Tre participi presenti in un solo periodo sono un record per il giornalismo!
Come dimenticare quegli articoli… nella redazione di Cheap Thrills c’era tantissimo cuore e altrettanza chiarezza e competenza, senza bisogno di azzardare improbabili metafore e analogismi, senza coniare termini per inventare generi e contaminazioni.
Caro Eddy, tu hai dato un pezzo del tuo cuore a Velvet, senza pentirtene giustamente, ed io me ne innamorai, senza rimpianti.
Nella prima e seconda fase Velvet è stata per me la più importante esperienza di lettura di critica musicale.
Articoli così ben scritti e nel contempo emotivamente così entusiasmanti e coinvolgenti non è stato così frequente rileggerli dopo Velvet.
Nel caso specifico si trattava di un disco di forti emozioni descritto con coinvolgente passione.