Compie oggi quarantacinque anni “Tommy”. Per molti il classico per antonomasia degli Who e uno dei capisaldi della storia del rock. Non per me.
Tanto vale ammetterlo subito, anche se il lettore più attento di una rubrica nella quale di costoro si è scritto più volte se ne sarà già accorto: ho un rapporto difficile con Pete Townshend e soci. Cattivo no, perché ho sempre considerato “Who’s Next” un capolavoro, il “Live At Leeds” imperdibile e una manciata di canzoni – My Generation, The Kids Are Alright, Substitute – dei classici. Ma agli Who non ho mai perdonato il complesso di inferiorità nei confronti della musica colta o se vogliamo, girando i termini, quella loro confusa voglia di fare crescere il rock oltre la forma-canzone. In altre parole agli Who non ho mai perdonato “Tommy”, che nel sentire comune viene ricordato come la prima rock-opera quando in realtà fu preceduto di oltre cinque mesi da “S.F. Sorrow” dei Pretty Things. Come se il rock dovesse per forza avere bisogno, per diventare adulto (e questo mentre la psichedelia mostrava ben altre possibilità di sviluppo), di storie pretestuose stiracchiate per quattro facciate e sostenute da musiche dall’inconsistente al tronfio. E questo dal gruppo che era stato capace, tre anni prima, di definire un’era con l’essenziale assalto all’arma bianca di My Generation.
“Tommy” fa parte di un piccolo lotto di dischi che sono stati comunque importanti, che non ho mai sopportato ma che ogni tanto riascolto. Fosse mai che cambio idea. A questo giro la scusa era ottima, visto che si trattava di provare una stampa splendida sin dalla confezione – con la copertina apribile in tre che riproduce fedelmente l’originale e come l’originale è accompagnata da un ricco libretto – e ancora di più nei suoni, tanto più rimarchevoli quanto più alzi il volume. Una nitidezza, un impatto, una dinamica senz’altro superiori all’edizione su CD in mio possesso e della quale dunque mi libererò. Peccato per tutto il resto. Che la vicenda narrata sia risibile e il filo della narrazione si perda spesso, che da un’ora e un quarto a tratti da agonia si cavi fuori giusto una canzone (Pinball Wizard) degna di venire nominata nello stesso discorso con quelle dianzi citate, che all’influenza deleteria di quest’album siano imputabili mezzo progressive del più indigeribile e tutto Meat Loaf. Peccato. Però io la penso così e voi magari l’opposto e in tal caso sappiate che da qui in poi è questa, se è di alta fedeltà che si parla, l’edizione di riferimento di “Tommy”. Accettabile – una tantum trattandosi di quegli esosi della Classic Records – il prezzo.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.280, giugno 2007.
Non ti avevo mai letto così netto su questo disco, ti appoggio dalla prima all’ultima parola, pure io che sugli Who sono meno schizzinoso di te (mi piace parecchio pure The who sell out per dire). E poi vogliamo dirla che quella di un sordocieco che si esprime con un flipper è una storia del cazzo a prescindere dal fatto che in 75 minuti ci sta giusto una canzone degna di nota?
Questa recenzione mi pare rievocare i giudizi sicuramente eccessivi, ma altrettanto stimolanti che all’epoca di Velvet, se non erro, facesti sui Led Zeppelin, esaltando i primi due dischi e denigrando il IV e soprattutto Starway to Heaven. Poi negli album più importanti della storia del rock tu con Federico avete mutato il giudizio, rivalorizzando anche il IV. Fu però per me un giudizio molto stimolante che noncondividevo totalmente ma che mi servi per dare valore ai primi due album dei Led, che considerò anch’io i migliori pur apprezzando anche il IV.
Torvo in questo giudizio su Tommy una similitudine, perché in fondo la mancanza di essenzialità e un po’ di pomposità non credo nuociano e in fondo a me piace anche Tommy, non mi interessano più di tanto le parole e la diffusa sopravvalutazione di quel doppio, perché comunque mi piace il suo modo di condurci in una storia con tenerezza e ingenutià.
Al contempo ritengo anche io che i capolavori siano altri e mi ritrovo totalmente nei giudizi su Who’s next e Live at leeds. Trovo straordinari anche gli esordi degli Who, in cui si caricarono di quell’energia pronta poi a scoppiare all’inizio dei settanta.
Fermandomi a quei due periodi degli Who divisi in mezzo proprio da Tommy, sono stati un gruppo entusiasmante e la sequenza di quei sei brani in fila della prima edizione di Live at leeds è davvero per me una delle più vive e intense espressioni rock.
Tommy degli Who, come si direbbe dalle mie parti: pias nein. In generale non amo le opere rock, soprattutto quelle di musica tendente al progressive. Ma è un problema mio, preferisco rock senza fronzoli.
Venerato, la prossima volta che ci riprovi, “listen to Tommy with a candle burning and you will see your entire future”
Condivido ogni parola. E pure quadrophenia mi lascia abbastanbza freddo, anche se nel copmplesso per me è più solido di tommy. Album degli who da avere: Who’s next, Leeds e The Kids are alright, ost dell’omonimo film, anch’esso a mio parere da avere. inoltre mi piace ancora, per motivi personali, anche who are you, che ci devo fare?
Credo che ci si perda abbastanza nel non possedere “My Generation”, però.
La più bella versine del brano che da il nome al disco però è in Live At Leeds… breve, brevissima, ma troppo bella!
E’ dentro the kids are alright…
Eh questa volta non sono d’accordo Venerato ! Ho praticamente consumato Tommy !
Mi piace molto anche My Generation. Naturalmente sono d’accordo con Live At Leeds, Who’s Next e Quadrophenia. Ma anche The Kid’s Are Alright è una raccolta come si deve dei 45 giri !
Non sono d’accordo con il senso d’inferiorità che imputi agli Who. Non penso che sia per quello che hanno fatto Tommy.
Sono d’accordo con il tuo giudizio sui Led Zeppelin però. Amo I e II, pochissimo IV. Però i l”Live At BBC” mi piace.
Buona giornata a tutti !
P.S. Però “Underture” su Tommy in effetti è una palla.