La voce di torba e di cielo di Anne Briggs

Anne Briggs - Anne Briggs

Anne Briggs (Topic, 1971)

Proprio vero che di norma è l’artista il peggiore giudice di se stesso e pazienza se è un concetto che è stato ripetuto così spesso da farsi stereotipo, quando ci si trova davanti a un caso come quello di Anne Briggs: è mai esistita un’altra persona che si sia sottovalutata così tanto? Probabilmente la più bella voce femminile del folk britannico moderno, la Briggs non pubblicò che un EP e un paio di LP, entrambi nel 1971, e più niente dopo visto che un altro 33 giri, registrato nel ’73, vedrà bloccata la sua pubblicazione non dalla casa discografica ma dall’artefice e non verrà recuperato che nel ’97. E sapete perché si ritirò ventinovenne e da allora tace? Non per idiosincrasia per la sala d’incisione. Non per paura del palcoscenico. Bensì perché quella sua voce meravigliosa, di torba e cielo, Anne Briggs la detesta. Da non crederci. Da odiarla, per non averci lasciato che una scarsa quarantina di registrazioni e non avere almeno continuato – un paio di brani del repertorio dei Led Zeppelin recano il suo suggello e The Time Has Come divenne celebre grazie ai Pentangle – a scrivere per altri. Andò così e tanto vale farsene una ragione. Non maledire la Briggs per avere buttato via il suo talento, ma benedirla per averci permesso di goderne un po’.

Nel terzo album, quello che uscirà per così dire postumo, l’artista si farà accompagnare da un gruppo, ove nel secondo aveva danzato su radi fondali di chitarra acustica o bouzouki. Con spericolatezza e controllo da acrobata a passeggio su una corda, in questo che fu il debutto in ben sei canzoni su dieci (e nella quasi totalità di quella che su vinile era la seconda facciata) la voce è sola. La si direbbe mesmerica, non mozzasse il fiato e l’ipnosi non fosse interdetta dallo scombussolamento emotivo.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.295, novembre 2008.

Anne Briggs - The Time Has Come

The Time Has Come (CBS, 1971)

Si stenta a rassegnarsi ma tant’è: sono trentasei anni, vale a dire dacché per la prima volta vedeva la luce questo “The Time Has Come” appena ristampato dalla Water ahinoi senza le bonus agognate, che quella che in molti considerano la più grande interprete femminile del folk britannico moderno, nonché una delle più influenti, tace. E non è questo a fare impazzire un appassionato che in fondo si è perso per strada pure una Vashti Bunyan (per fortuna poi ritrovandola) o una Shelagh McDonald, per citare altre due grandi cantanti dalla discografia al pari scarna, bensì il motivo per cui della Briggs si sono smarrite le tracce: è che costei – incredibile a dirsi – quella sua voce stupenda, insieme terrigna e alata, la detesta. Quantomai significativo che, dopo averla lasciata sola in un omonimo debutto ispido quanto lirico, in questo secondo LP la accompagnasse qui con una chitarra acustica e là con un bouzouki. Alle prese nel 1973 con quello che avrebbe dovuto essere il terzo 33 giri addirittura convocava un gruppo, salvo a registrazioni ultimate bocciare il risultato e imporne l’archiviazione. Quando nel ’97 “Sing A Song For You”, definitivamente ultimo dispaccio, apparirà come dal nulla per gli estimatori sarà una scoperta appena meno emozionante che ritrovarsi fra le mani il Santo Graal.

All’epoca della pubblicazione la canzone che intitola l’album era già un classico nella versione dei Pentangle di quel Bert Jansch per qualche tempo amante, oltre che complice di tragitti musicali, di Anne. Più suggestiva, nella sua arcaica e incantata asciuttezza, la lettura della Briggs: vertice di un piccolo capolavoro che dispensa magie a ogni girare di pagina. Fra una Sandman’s Song di quieta epicità e un’onirica Fine Horseman, fra una Fire And Wine di primordiali respiri e una Clea Caught A Rabbit che scaglia un ponte dal Mediterraneo agli Appalachi. Ancora: fra una Tangled Man che in nessun modo – se elettrificata – potrebbe essere più genuinamente psichedelica e la straniante cantilena di Everytime. Un disco fuori dal tempo, enorme nei suoi esiti quanto è ritroso nel suo porgersi.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n. 280, giugno 2007. Adattato.

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