Incroci significativi… Quando il 5 aprile 1964, nel pieno di un tour europeo che lo ha visto già trionfatore in Gran Bretagna, Jerry Lee Lewis sale ad Amburgo sul palco dello Star Club i quattro giovanotti che di quel locale sito nel quartiere a luci rosse della città anseatica sono stati, pochi anni prima e a lungo, la home band occupano i primi cinque posti della classifica USA dei singoli più venduti. Non era mai successo prima, non succederà più. Probabilmente non lo sa, ma nella scaletta che esegue quella sera l’artista della Lousiana mette in fila ben tre brani (nel disco che ne verrà tratto rappresentano il 25% del programma) che nelle loro anfetaminiche notti tedesche i Beatles hanno eseguito decine di volte: Money, Matchbox, Long Tall Sally. Seconda e terza (portate al successo rispettivamente da Carl Perkins e Little Richard) figureranno diversi anni dopo in un live postumo dei Fab Four e mettendo a confronto le versioni, bisogna dirlo, non c’è gara. Vince ovviamente il Killer e dire che nel Vecchio Continente per una questione di budget non aveva potuto farsi scortare dai consueti accompagnatori americani. Si era dovuto accontentare dei Nashville Teens, inglesi a dispetto del nome e, altro bel paradosso, un gruppo che non avrebbe mai ottenuto un contratto discografico non gli avessero aperto la strada i quattro di Liverpool. Questioni di budget…
Il Jerry Lee Lewis che nella primavera 1964 affronta i palcoscenici europei può atteggiarsi a stella del rock, può sentirsi una stella del rock, ma nei fatti non lo è più da un pezzo. Gli è stato fatale il precedente soggiorno britannico, datato maggio 1958 e interrottosi dopo appena tre date, il resto del tour cancellato per lo scandalo suscitato da un articolo pubblicato da un tabloid nel quale si dà conto di come, alla verde età di ventidue anni, già si sia sposato tre volte e l’ultima con un cugina tredicenne. Tutti a dargli dell’incestuoso e del pedofilo allora, ignorando o fingendo di ignorare che nel rozzo milieu culturale sudista da cui il Nostro proviene unioni di questo genere sono più la norma che un’eccezione. Rimbalzate oltre Atlantico, le polemiche gli sono costate una generale messa all’indice. Da un giorno all’altro le radio non hanno più trasmesso i suoi dischi, da un giorno all’altro sono venuti a mancare gli ingaggi e quando se ne rimedia uno sono al massimo duecentocinquanta dollari, altro che i diecimila che erano la consuetudine. Nel 1964 Jerry Lee Lewis per un verso è alla disperazione, anche perché la British Invasion sta cancellando la prima generazione del rock’n’roll nel mentre la celebra e lui a ventotto anni si ritrova a venire considerato un vecchio, un sorpassato, e per un altro speranzoso in una resurrezione. Si è liberato dal contratto con la Sun ed è fresco di firma per una succursale della Mercury. I concerti nel Regno Unito sono andati benissimo. Il Killer affronta la vociante platea della Reeperbahn con una grinta pazzesca persino per i suoi pazzeschi standard e quando Stephen Thomas Erlewine definisce lo storico “Live At The Star Club, Hamburg” “il più grande album dal vivo di sempre” un po’ esagera, ma nemmeno tanto. Così come non esagerano quelli che paragonano i trentasette minuti di sfrenato rock’n’roll di un disco che all’epoca vedeva la luce solo in Germania e Gran Bretagna agli spettacoli che faranno la leggenda dei Ramones. Mutatis mutandis…
Le incisioni amburghesi aprono uno straordinario triplo, “The Killer Live!”, fresco di stampa su Hip-O Select/Universal e completato (con un intero CD di inediti) dagli appena meno classici “The Greatest Live Show On Earth” (sempre 1964), “By Request: More Of The Greatest Live Show On Earth” (1966) e “Live At The International, Las Vegas” (1970). Essenziale quest’ultimo nel suo fotografare la sorprendente trasformazione del nostro uomo da rock’n’roller in disgrazia ma non certo dismesso e dimesso a stella del country.
Pubblicato per la prima volta su “Il Mucchio”, n.700, novembre 2012.
Ti risulta che “Live at the Star Club” fosse uscito originariamente su Philips, e non solo in Germania e Regno Unito? Ne ho vista una stampa francese proprio Philips, anche su CD.
A questo punto mi viene la curiosità di sapere qual è il “greatest live album of all time according to VMO”…
Philips è l’etichetta di tutte le edizioni originali. Ho fatto una ricerca e scoperto che in effetti uscì anche in Francia. E poi in Giappone, con un anno di ritardo.
All’altra domanda non vedo come si possa rispondere. Per affetto direi “Rock’n’Roll Animal”.
Infatti io ne ho proprio una ristampa francese del 2003 (su Universal) in digipack, che riproduce fedelmente la grafica del LP, ancorché con le scritte – ah, lo sciovinismo d’Oltralpe! – in lingua madre.
Bel problema, in effetti; problema che forse nemmeno vale la pena di dipanare. La mia era solo curiosità…quindi grazie di averla soddisfatta.