Nei primi ’80 tre gruppi mantennero vivo e popolare il verbo del rock’n’roll. I più selvaggi erano i Cramps, i più simpatici gli Stray Cats, ma quelli che più mi sono rimasti nel cuore sono i Blasters: quanto di più simile ai Creedence – pure nelle loro fila due fratelli – abbia avuto in sorte la generazione cresciuta a punk e new wave. “Abbiamo avuto il blues della Louisiana e quello del Delta/Abbiamo avuto il country, lo swing e il rockabilly/Abbiamo avuto il jazz, il country’n’western e il blues di Chicago/È la musica più grande che tu abbia mai conosciuto/È musica americana/È il suono più bello in arrivo dagli USA” cantavano nella canzone che intitolava nel 1980 il primo LP e a tale formula si mantennero fedeli per sei anni e quattro splendidi, anfetaminici album. E poi basta, fatta salva l’occasionale rimpatriata della formazione originale, perché teneteli insieme voi due fratelli nati per suonare in coppia ma per il resto competitivi e polemici su tutto. “Qualche volta litighiamo”, ammette con un sorriso Dave (di altissimo livello la sua carriera da solista), “ma mai su Big Bill Broonzy” e meno male, ché se no non avremmo potuto goderci questo eccezionale tributo a colui che già negli anni ’30 cominciò a gettare le fondamenta di quello che sarà il blues elettrico e dunque, indirettamente, del rock’n’roll stesso.
Altro che roba da museo! Poco o nulla è uscito in questa prima metà di anno di al pari fresco, divertente, eccitante. Disco travolgente anche quando il passo non è particolarmente svelto, con apici da urlo in una All By Myself contemporaneamente marziale e ludica, in un Southern Flood Blues tagliente e sferragliante, nel rockabilly a rotta di collo Truckin’ Little Woman. Disco suonato benissimo e registrato idem, il che non guasta mai.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.353, luglio 2014.
Meno male che ci sei tu Eddy, altrimenti sti dischi non saprei nemmeno che esistono.
Grazie.