Raro, rarissimo che succeda ma qualche volta per fortuna succede: che dal mare magnum dell’iperproduzione e degli hype emerga qualcuno che vivaddio restituisce un senso alle parole. Ad esempio George Ezra, del quale dicono tutti che sia una giovane promessa e giovane lo è davvero, mica in un’accezione odierna del termine che arriva ormai a inglobare chiunque non si sia addentrato negli “enta”, se non addirittura negli “anta”. Il ragazzo questo suo primo album lo ha pubblicato alla verde età di anni ventuno e giorni ventitré e le prime cose le faceva uscire quando ne aveva da poco compiuti venti. Quanto alla promessa, se vi è capitato di ascoltare quella delizia di Budapest, una meraviglia di folk-pop a briglie sciolte, o ancora prima il prodigioso lamento blues (per il minuto e mezzo iniziale a cappella) di Did You Hear The Rain?, che ne rappresentò lo scorso ottobre il biglietto da visita, allora questo disco lo avete atteso con un’impazienza mista a timore. Sarebbe stato all’altezza?
Magari non del tutto, ma complessivamente lo è, con diversi apici specialmente nella prima metà – lo skiffle Blame It On Me, il Dylan rockabilly di Cassy O’, una Listen To The Man da Style Council primissima maniera – e un congedo superlativo (la pletorica versione deluxe quasi lo sciupa facendogli andar dietro quattro tracce al più graziose) con la giostrina fra il barocco e il fosco, un po’ Nick Cave e un po’ Crash Test Dummies, Spectacular Rival. Gridare al miracolo sarebbe eccessivo, ma il giovanotto (a proposito: da Hertford, Inghilterra) ha tutta l’aria di uno che si farà.
Pubblicato per la prima volta su “Blow Up”, n.196, settembre 2014.