Non è esattamente come se “lo Stockhausen della techno” (definizione mia o almeno credo) fosse diventato il Salinger della techno (questa è sicuramente mia, fresca fresca). Per cominciare perché l’autore de Il giovane Holden non è che avesse scritto così tanto (anzi!) prima di consegnarsi alla storia con un’unica grande opera per poi ritirarsi in un esilio di decenni, laddove l’artista nato nel 1971 Richard David James e noto principalmente come Aphex Twin dagli esordi datati ’91 e fino al ’96 pubblicava a ritmi da stakanovista. Però tredici anni – tanti ne sono trascorsi da “Drukqs” – senza un suo album sono stati lunghi e a maggior ragione ricordando che già quel lavoro monumentale e schizofrenico si era fatto aspettare per cinque. Non era diventato un Salinger il nostro uomo perché ogni tanto dal ritiro scozzese ha fatto capolino, in maniera consistente nel 2006 con una serie di EP e poi con l’occasionale dj set, ma insomma… Il sospetto che sia ben conscio – artefice della dance più iconoclasta di sempre, capace indifferentemente di riempire o terrorizzare il dancefloor, ma anche emulo di Eno e allievo eterodosso di Glass e, contemporaneamente, la “rockstar” più sardonica che mai abbia frequentato MTV – di avere creato un canone cui è difficilissimo aggiungere qualcosa è più che lecito.
Atteso dunque non per modo di dire, annunciato in modi furbetti che non vi è qui spazio per dettagliare, “Syro” in questo senso offre un Aphex Twin inedito: che è il suo disco più “carino” di sempre e che il canone di cui sopra lo riassume quasi tutto come forse mai prima. Ma il punto è per l’appunto questo: che sarebbe potuto uscire nel ’94 e nel ’94 sarebbe stato epocale, ma siamo nel 2014 e, per la prima volta, il nostro uomo non ci racconta il futuro. Poi, sia chiaro, la classe resta cristallina.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.356, ottobre 2014.
Quali sono i dischi di Aphex Twin che non possono mancarmi oh Venerato ???
“…I Care Because You Do” (Warp, 1995) è quello che abbiamo incluso nel volume Giunti “1000 dischi fondamentali”.
Grazie Eddy !