L’oggetto – triplo CD in box di sobria eleganza, dal prezzo importante ma nemmeno troppo esoso – è di quelli che attirano irresistibilmente l’attenzione del collezionista e incuriosiscono il neofita capace di non fermarsi a splendori e miserie dell’attualità, disposto all’esplorazione del passato. Tanto più quest’ultimo è avvertito, tanto più risulterà titubante: investire o meno, non avendo una discografia di soul già cospicua, in una raccolta che promette l’integrale delle incisioni per la Specialty dei Soul Stirrers con Sam Cooke in formazione? Mastodonte (ottantaquattro le tracce, tre ore e tre abbondanti quarti il minutaggio) destinato dunque più che altro agli – ahem – specialisti, includendo come fa tutto (ma proprio tutto) quanto è stato rintracciato negli archivi, comprese versioni multiple e false partenze. Il neofita saggio si dirà che un’antologia singola, e magari economica, con dentro i brani più importanti dovrebbe essere più che sufficiente alla bisogna e per approfondire c’è sempre tempo. Normalmente avrebbe ragione. Non in questo caso, come gli intenditori di musica nera precipitatisi viceversa ad acquistare “The Complete Specialty Records Recordings” avranno già appurato Mettiamola così: basta che del Sam Cooke laico possediate “The Man And His Music”, basta che di gospel abbiate una buona selezione di autori vari e di questo cofanetto già non potete fare a meno. Basilare e non tanto e non solo per i classici conclamati, che con poca fatica e ancor minore spesa potreste trovare altrove. No. Per i venti strepitosi minuti, stralcio di uno spettacolo al losangeleno Shrine Auditorium, che lo suggellano mettendo a soqquadro una sequenza per il resto rigorosamente cronologica, che parte dal 1° marzo 1951 e arriva al 19 aprile di sei anni dopo. Qui invece è il 22 di luglio del ’55 e Cooke e compagni cominciano scaldando se stessi e la platea con un’elegante e calorosa insieme I Have A Friend. La temperatura sale ulteriormente con gli incalzanti 7’43” di Be With Me Jesus, condotti con martellante maestria da Paul Foster, e raggiunge il punto di ebollizione negli 8’36” (quasi il triplo della versione in studio) di una Nearer To Thee in cui il leader porta la folla, soprattutto quella femminile, al deliquio. Quando intorno al sesto minuto canta – con sottintesi oggi lampanti, allora chissà – che sono le cattive compagnie a rovinare i bravi ragazzi è un’esplosione di urla ad accogliere le sue parole e ti sembra a momenti di vederla la congregazione impazzita, preda di spasmi di sensualità mentre le mura di Gerico del gospel crollano e il soul occupa il campo. Emozione indicibile e dire che di musica ne ho masticato un po’ da un quarto di secolo a questa parte, ma qui, lettori e lettrici, è della Storia nel suo divenire che si è testimoni. Un paio di mesi dopo avere registrato il concerto allo Shrine, Robert “Bumps” Blackwell andrà a New Orleans a eternare un altro momento epocale, il brano che farà di Little Richard una star, Tutti Frutti. Giorni fecondi!
Sono invece di tredici e diciassette mesi posteriori le prime sette incisioni da solista di Cooke che il box, fregandosene felicemente della filologia, riporta prima dell’ultima seduta con il gruppo ed è nettare pop che cola da una Happy In Love da musical, da una I’ll Come Running Back To You dalla melodia degna dei capolavori a venire, da una Lovable che non è altro che la già nota He’s So Wonderful ove però il Lui per antonomasia diventa una mortale lei per cui struggersi. Dovreste conoscere il resto della vicenda. Il nostro uomo mette le sue seriche corde vocali al servizio di una musica secolare nella quale nondimeno il gospel vibra ancora, come è logico, forte e dal ’57 al ’64 infila un gioiello via l’altro di soul inondato di pop o il contrario, passando con disinvoltura da Tin Pan Alley al blues. Con enorme successo (essere un adone naturalmente non gli nuoce). Mani assassine ne fermano la corsa, in circostanze mai chiarite, l’11 dicembre 1964, un mese prima del trentaquattresimo compleanno. Undici giorni più tardi quella che diventerà la canzone-simbolo del movimento per i diritti civili, A Change Is Gonna Come, è nei negozi e nella leggenda. Ma immagino già sapeste.
Se il Sam Cooke di seconda metà di carriera è più o meno familiare all’appassionato di rock, che come minimo conosce un tot di suoi brani entrati in un’infinità di repertori altrui (da You Send Me a Chain Gang, da Twistin’ The Night Away a Bring It On Home To Me, da Shake alla stessa A Change Is Gonna Come), meno esplorato risulta quello che plasmò la voce declinando gospel e che, come chiarito da questi tre CD cornucopia di tesori, non appare affatto minore al confronto. Altrettanto grave torto alla verità dei fatti è stato poi compiuto permettendo che la sua presenza in squadra per sei anni ponesse in secondo piano l’eccezionale rilevanza “a prescindere” di un gruppo che quando lui arrivò, con la non facile incombenza di sostituire un gigante quale Rebert H. Harris, transfuga perché scontento di inclinazioni al laico già presenti, aveva alle spalle un percorso ventennale disseminato di pietre miliari (in particolare nel triennio 1946-1948, trascorso alla corte della Alladin). E che dopo la sua defezione proseguì ed è giunto fino ai ’90 facendo dischi e soprattutto concerti. Per quanto Harris sia stato una figura chiave nella storia del gospel (fra i primi a usare il falsetto, sua fu pure l’idea di alternare due solisti nel corso di una stessa canzone), i Soul Stirrers più grandi in assoluto risultano comunque proprio quelli che videro il ventenne (e quindi assai più giovane del resto della compagnia) figlio del Reverendo Charles Cook (la “e” un’aggiunta successiva) Sr. aggregarsi dapprima con timidezza e in seguito pian piano assumere la leadership. Continuando l’opera di modernizzazione della musica sacra afroamericana intrapresa da Harris fino a rendere il sacro profano.
Pubblicato per la prima volta su “Il Mucchio”, 534, 20 maggio 2003.