The Shape Of Rock To Come: i Quicksilver Messenger Service di “Happy Trails”

Parola di Tom Verlaine: senza i Moby Grape non ci sarebbero probabilmente stati i Television. Parola mia e di tanti altri: anche senza i Quicksilver Messenger Service di “Happy Trails”. Impossibile non cogliere la prossimità fra i duelli chitarristici inscenati da Verlaine con Richard Lloyd e quelli fra Gary Duncan e John Cipollina. Quest’ultimo ci lasciava, appena quarantacinquenne, il 29 maggio 1989.

Quicksilver Messenger Service - Happy Trails

Della San Francisco del magico biennio psichedelico ’66-’67 i Quicksilver Messenger Service sono i protagonisti principe con Jefferson Airplane e Grateful Dead, invariabilmente presenti nei momenti cruciali – allo “Human Be In” come al “Monterey Pop Festival” – e perennemente in cartellone al Fillmore come all’Avalon Ballroom. Eppure: preceduto di qualche mese dalla partecipazione con due brani non autografi – una versione definitiva della narcotica Codine; una singolare lettura di quella Babe I’m Gonna Leave You che i Led Zeppelin renderanno ben più efficacemente – alla colonna sonora del film(etto) Revolution, l’omonimo debutto a 33 giri dei Nostri non vedrà la luce che nel maggio 1968, Jefferson e Dead già superstar. Nella vulgata comune è un LP interessante, certamente gradevole ma colpevole del medesimo peccato che macchia “Grateful Dead”, ossia di non riuscire a riprodurre la magia dei concerti. È vero solo in parte e, di sicuro, non per il gran finale di The Fool: 12’10” onirici e sulfurei, eterei e turgidi, gioco in moviola di vuoti e pieni, sublime western mentale che Morricone per certo apprezzerebbe. Per il successore si riteneva in ogni caso saggio organizzarsi altrimenti.

E però in The Fool “Happy Trails”, in massima parte registrato dal vivo nel novembre ’68 e spedito nei negozi cinque mesi dopo, già era contenuto pressoché per intero. Non fanno che portarne alle conseguenze estreme l’idea di un acid rock concepito come fosse free jazz i venticinque minuti mozzafiato di una Who Do You Love – da Bo Diddley – qui tribale e là ustionante, rarefatta ma muscolare, che ora è liturgia e un attimo dopo gorgo orroroso che inghiotte per risputare al centro di una favola. Qui gli anni ’60 più arditi. Qui, da qualche parte fra Sister Ray e Dark Star. Qui, oppure in un secondo lato che parte ancora da Bo Diddley, stavolta da Mona, per approdare, avendo lambito qualsiasi landa fra il flamenco e il blues, al country da vaudeville di una traccia omonima con tanto di fischiettata. E di nuovo Morricone approverebbe.

Pubblicato per la prima volta in Rock – 1000 dischi fondamentali, Giunti, 2012.

5 commenti

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5 risposte a “The Shape Of Rock To Come: i Quicksilver Messenger Service di “Happy Trails”

  1. Francesco

    come direbbe la minetti, love of my life!

  2. Venerato, quale disco live dei Quicksilver Messenger Service non deve mancarmi ?
    Te lo chiedo perché ultimamente ne ho visti uscire alcuni

  3. Francesco

    questo. qualche anno fa usci un fantastico maiden of the cancer moon su psycho che era spettacolare, ma penso che ormai si trovi solo a caro prezzo. non sono in VM ma per me i QMS finiscono con Shady Grove perchè Valenti non l’ho mai sopportato. se vuoi avere un’idea della qualità dei live vai a vedere su wolfgang’s vault, ci sono dei live dei qms ante 70 che sono veramente belli.

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