L’afro disco beat di Tony Allen

È stato ultimamente in Italia per un paio di date (facendo tappa fra l’una e l’altra pure al “Primavera Sound”) colui che fu il motore ritmico di Fela Kuti. Già sarebbe abbastanza per celebrarlo, Tony Allen, non fosse che vanta anche una discografia in proprio di altissimo livello.

Tony Allen - Afro Disco Beat

A chiarire quanto siano eccezionali le capacità tecniche del nigeriano Tony Allen, polifonica batteria originale dell’afrobeat e suo autentico pilastro portante, basti un aneddoto: quando lui e Fela Kuti – quasi inevitabilmente, siccome due galli in un pollaio non possono convivere a lungo – litigarono e Allen lasciò gli Afrika 70, per sostituirlo adeguatamente il leader dovette ricorrere ai contemporanei servigi di quattro strumentisti. Non è naturalmente, come accadrebbe in altri ambiti e (se si può dire) con altre razze, una questione di mero sebbene prodigioso virtuosismo: è che è il Nostro possiede un senso del groove, e anzi dei grooves (al plurale), vista la capacità di svilupparne simultaneamente diversi, semplicemente insuperabile. E come lo swing è qualcosa che nessuna scuola potrà mai darti. Ce l’hai, oppure no. Lontanissimi i contrasti cui accennavo, e da lungi purtroppo nemmeno più fra noi Fela, ad Allen in questi anni 2000 è toccata, almeno nella stessa misura che a Femi Kuti, la gravosa eredità. Nel 2002 “Home Cooking” testimoniava della voglia di rinnovare quel suono, unione di funk e highlife, jazz, soul e rhythm’n’blues che il nostro eroe contribuì in misura decisiva a forgiare, con tocchi di modernità – si trattasse di contaminazioni con l’hip hop o riferimenti più o meno lati alle tante musiche nelle quali l’afrobeat è entrato, dalla house alla techno, al downtempo. Di qualcosa come diciotto mesi il tour che lo seguiva e che nel 2004 veniva documentato da “Live”, un’apoteosi ritmica di quasi un’ora e un quarto in sette indiavolati movimenti prodighi di raffinatezze d’arrangiamento magistrali. Nel 2006 era la volta dell’al pari persuasivo ed eccitante “Lagos No Shaking”, ma questa è ancora cronaca più che storia.

Sono viceversa Storia con la “s” maiuscola i quattro album – “Jealousy”, “Progress”, “No Accomodation For Lagos” e “No Discrimination” – usciti fra il ’75 e il ’79, e già ristampati separatamente da Afro Strut otto anni fa, che la Vampisoul raccoglie senza aggiunte in questa fenomenale doppia antologia. Medesima la struttura dei primi tre: durate sotto la mezz’ora e due soli brani a occuparli, come del resto caratteristico di innumerevoli LP di Fela. Uguale la materia sonora – bassi tondi e dinamici, percussioni incalzanti, fiati circolari e voci tribali – e invero memorabili, in “Progress”, gli incastri di basso e batteria della traccia che intitola la raccolta. Lievi aggiustamenti stilistici in “No Discrimination”, il cui invincibile funk è pervaso da aromi jazz. Di poco più lungo e articolato, con quattro pezzi a sfilarvi.

Pubblicato per la prima volta su “Il Mucchio”, n.642, gennaio 2008.

7 commenti

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7 risposte a “L’afro disco beat di Tony Allen

  1. marktherock

    quando pensi di aver scavato abbastanza, arriva per fortuna il VM a segnalarti che sei praticamente ancora alla superficie. Porca miseria, se mi interessa costui (come diavolo avrò fatto a non averne traccia, visto che praticamente tutto ciò che è griffato VampiSoul equivale per me a Vecchio e Nuovo Testamento?)

    • marktherock

      …e te pareva, fuori catalogo. Giusta, giustissima, sacrosanta punizione. La Legge dell’Afro Beat non deve ammettere ignoranza

      • marktherock

        2 copie su Amazon!!!! Grazie, Dio Fela (e scusate l’uso privato di struttura pubblica…)

  2. Giancarlo Turra

    Compralo, questo doppio, ché ti ribalta da cima a fondo. E già che ci sei, accattati pure il disco di Allen dell’anno scorso… (se ti fidi, eh)

  3. Sofia

    Salve, premetto che sono molto appassionata di ritmi ecc., quindi anche Fela, Allen e tutti i loro simili li apprezzo molto; e naturalmente rispetto chi è appassionato di musiche così tanto ripetitive sia all’interno dei pezzi sia nel susseguirsi negli anni di tantissimi dischi (troppi?), tutte davvero molto simili…
    Apprezzo anche le puntuali segnalazioni del venerato maestro di questo o quel musicista, disco ecc., ciononostante “polifonica batteria originale dell’afrobeat” e “il Nostro possiede un senso del groove, e anzi dei grooves (al plurale), vista la capacità di svilupparne simultaneamente diversi”, mi sembra informazione un po’ buttata lì…
    La tecnica di Tony Allen è piuttosto tradizionale, niente di particolare nemmeno nei risultati. I “grooves” sono belli e funzionali, ma nulla di più rispetto ad altri stili e generi musicali.

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