Per i settantatré anni di Sir Paul McCartney

“Mi amerai ancora quando avrò sessantaquattro anni?”, cantava quando non ne aveva che venticinque e oggi che ne compie settantatré certo che sì, che lo amiamo ancora. Faccio gli auguri al Baronetto ripescando una recensione di quello che è forse il suo album migliore post-Beatles (o comunque uno dei due o tre migliori), “Chaos And Creation In The Backyard”. Un piccolo capolavoro clamorosamente datato 2005, tre decenni e mezzo dopo lo scioglimento dei Fab Four.

Paul McCartney - Chaos And Creation In The Backyard

È la vecchia domanda, meno sciocca di quanto non paia siccome è fra due visioni della musica e persino del mondo e non solo fra due grandi gruppi che si deve scegliere: Beatles o Rolling Stones? Voto per i primi e dire che i secondi li adoro. Però, a parte che furono i Beatles a creare il mondo in cui gli Stones hanno potuto muoversi, se si parla di sapienza compositiva non c’è gara. E ove la banda Jagger/Richards si è quasi sempre aggirata in un universo relativamente ristretto i Fab Four non si posero limiti. Misero casomai loro sulla mappa colonne d’Ercole superando le quali miseramente si naufraga. Ora… Risposto in tal modo alla prima domanda una seconda inevitabilmente segue: Lennon o McCartney? Qui spiazzerò chi mi conosce anche di più: sostenitore dapprincipio del primo, da parecchi anni in qua – diciamo dal ’97, dalla pubblicazione della magnifica biografia di Macca scritta da Barry Miles Many Years From Now – le mie simpatie, se mi obbligano a scegliere, vanno al secondo. È che mi pare che il suo ruolo nei Beatles sia sempre stato sottovalutato e più che mai dacché la scomparsa di Lennon ha prodotto un’agiografia che costantemente sminuisce il sodale. Detto ciò: se è di dischi in proprio che si discute, Lennon stravince e questo nonostante un catalogo giocoforza più smilzo e non senza magagne. Tolte le primissime cose, c’è sconfortantemente poco di salvabile nel McCartney con una foglia di fico chiamata Wings o, anche formalmente, solista. Qualche canzone ogni tanto a galleggiare su un mare di sentimentalismo.

Lunga premessa per dire quanto mi abbia preso in contropiede quello che è il suo album migliore del dopo-Baronetti. Un miracolo o poco meno sul quale devono avere pesato due fattori: che in una vita pur bellissima le cicatrici siano ormai tante (John, Linda, George) e che a produrre sia stato chiamato quel Nigel Godrich già regista di un altro prodigio chiamato “Kid A”. Godrich non ha stoltamente modernizzato, ha invece “asciugato” e se ne prendano a paradigma quegli archi che in passato avevano quasi sempre sciupato le poche idee valide, annegandole nella melassa, e sono invece qui austeri, a momenti lugubri. Godrich non è mai stato compiacente, rigettando una via l’altra le canzoni che non riteneva all’altezza. Ha fatto il resto un’ispirazione clamorosamente ritrovata, da decenni mai della consistenza di una Jenny Wren mediana fra Blackbird e Mother Nature’s Son, di una Friends To Go che apertamente omaggia Harrison, di una A Certain Softness più “Forever Changes” che “Sgt. Pepper’s”, di una English Tea fra Kinks, Zombies e XTC pastorali, di una Promise To You Girl che sembra uscire da “Abbey Road”. Mai si era sentito un McCartney della sobrietà di How Kind Of You: dolcissima, certo; solenne, certo; a ben ascoltare poco più che un bordone.

Pubblicato per la prima volta su “Extra”, n.20, inverno 2006.

2 commenti

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2 risposte a “Per i settantatré anni di Sir Paul McCartney

  1. “se è di dischi in proprio che si discute, Lennon stravince”. Mah, non ne sarei tanto sicuro. Di bei dischi di Lennon mi vengono in mente solo “Imagine” e “Plastic Ono Band”, alcuni (come Double Fantasy) sono abbastanza trascurabili, altri (Some time in New York City) bruttini, per non parlare dei primi, narcisistici e inascoltabili (quando credeva di essere diventato un esponente dell’avanguardia musicale). E tra “Rock’n’roll” di Lennon e “run devil run” meglio sicuramente quest’ultimo…..

    • Che sia solo la mia opinione, va da sé. E per me, per dire, “Walls And Bridges” è magnifico, “Rock’n’Roll” un grande album e “Double Fantasy” è molto ma molto sottovalutato.

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