Capelli invariabilmente a caschetto come da modelli Brian Jones/Byrds, nelle foto di copertina di “Psychedelic Lollipop” i Blues Magoos sfoggiano in compenso un vestiario variegato, chi in giacca e cravatta da mod, chi esibendo pantaloni a righe, camicie a pallini, gilet floreali che rimarcano il passaggio d’epoca. È parimenti in transito fra due universi la musica, che per un verso paga pegno ai grandi amori del quintetto – il country, il blues elettrico, il soul marca Stax – e per un altro li rielabora con una creatività che oggi bisogna fare mente locale, al fatto che le registrazioni risalgano a inizio autunno del ’66, per coglierla appieno. La consapevolezza di quanti altri gruppi questi solchi li abbiano consumati, per poi cercare di riprodurli, naturalmente aiuta. Eleggerei Tobacco Road a brano-simbolo: nella rielaborazione dei Newyorkesi il classico di John D. Loudermilk, portato al successo nel 1964 dagli inglesi Nashville Teens, riesce in quattro minuti e mezzo da manuale a rimarcare le proprie origini folk, evidenziare i tratti più blues, mandare in collisione Animals e Mysterians per quindi – a metà percorso – aprire all’improvviso una prospettiva schiettamente lisergica che dovette scoperchiare un sacco di crani. Non è il solo episodio fra i dieci in scaletta a giustificare il titolo dell’album: ecco una dolcissima Love Seems Doomed nel cui incantesimo si insinuano rumori non identificati, ecco una pur’essa autografa Sometimes I Think About che inietta acidità nel risaputo schema di House Of The Rising Sun, ecco una She’s Coming Home da eleggere a epitome della transizione dal garage alla psichedelia. A proposito di garage: saranno i 2’10” di pura innodia su chitarra squillante, organo cigolante e batteria pestona dell’iniziale (ancora una composizione originale) (We Ain’t Got) Nothin’ Yet a garantire a Emil Thielhelm, Mike Esposito, Ralph Scala, Ronnie Gilbert e Geoff Daking un posticino nel pantheon dei classici del pop. Nell’immediato li rendevano per qualche mese – lato A di un singolo quinto nella classifica di “Billboard” e addirittura primo in quella di “Cashbox” – degli idoli adolescenziali. Complice una campagna promozionale che si inventava gadget sgargianti per catturare il pubblico più giovane. Laddove quello più maturo apprezzava che il 33 giri abbia una consistenza di cui al tempo sulla lunga distanza giusto i campioni della British Invasion (Beatles, Stones, Kinks; e poi basta) si erano mostrati capaci. Tutt’altro che riempitivi il suadente folk-rock Queen Of My Nights, il James Brown fatto beat di I’ll Go Crazy, i Byrds apocrifi di One By One. Questioni di primogenitura: “Psychedelic Lollipop” anticipava di tre settimane (vedeva la luce il 1° novembre 1966) “The Psychedelic Sounds Of The 13th Floor Elevators”. Peccato che, di pochissimi giorni, fosse stato a sua volta preceduto da un 33 giri di un complesso di Philadelphia, i Deep. Sarà così “Psychedelic Moods” a finire nel Guinness dei Record del rock’n’roll come primo LP con l’aggettivo “psichedelico” nel titolo, mentre nella memoria dei cultori saranno gli ultimi, Roky Erickson e soci, a imprimersi come primi. Detto con sconfinato amore per il gruppo di You’re Gonna Miss Me: un’ingiustizia che i Blues Magoos risultino da allora sminuiti dal confronto.
“Electric Comic Book” è già fuori nell’aprile ’67 e si stenta a crederci, tenendo conto che nei sei mesi messi fra un album e l’altro i nostri eroi erano stati sempre in tour, sia come attrazione principale che dividendo un bizzarro cartellone con Who e Herman’s Hermits. Persino più – ahem… – stupefacente è che di nuovo la scaletta risulti assai solida. Anche nei due soli brani non scritti dai componenti del gruppo e che sulla carta parrebbero messi lì unicamente per incrementare il minutaggio. Al limite, ma con classe più che apprezzabile per dei pivelli bianchi, lo fa Let’s Get Together, cavallo di battaglia del bluesman Jimmy Reed. Scelta in apparenza banale e fuori tempo massimo, la Gloria dei Them echeggia semmai i Doors e in una scorticata sezione centrale (si superano i sei minuti) è evocazione malevola di trip sfortunati che si imprime a fuoco nel ricordo. Roba più da Velvet Underground che da figli dei fiori e d’altronde erano curiose bestie i Blues Magoos, garagisti passati alla psichedelia senza tradire il garage e se ne ricordano soprattutto a fondo corsa, con una pure latineggiante Take My Love e una stridula e caotica Rush Hour. Prima hanno stregato con una Pipe Dream zuppa di LSD ma pop a sufficienza da scalare le classifiche fino a una dignitosa sessantesima piazza, con le fragranze d’Oriente di una densa e intensa There’s A Chance We Can Make It, con il beat dal lunare al circense al blues Life Is Just A Cher O’ Bowlies, con una fiabesca Summer Is The Man e un’estatica, nella sua tenera perentorietà, Baby, I Want You.
“Psychedelic Lollipop” aveva mancato di un niente l’ingresso nei Top 20, “Electric Comic Book” si arrestava al numero 74. Non entrerà nemmeno nei primi duecento “Basic Blues Magoos”, che esce nel maggio 1968 e tredici mesi sono bastati al resto del mondo per mettersi al passo con i Nostri e quindi lasciarseli alle spalle. Per la prima volta i ragazzi rincorrono, qui ponendosi in scia ai Kinks (Sybil Green) e lì ai Doors (President’s Council On Psychedelic Fitness), ora ridandosi al folk-rock (Yellow Rose) e poco dopo provando a fare psych la Stax (There She Goes). You’re Getting Old, dichiara un bluesone che suona strano in bocca a dei poco più che ventenni. Però stanchi, consapevoli che il treno del successo già li ha lasciati a piedi. Prima di un sigillo che con un guizzo ribelle spende l’ultima anfetamina martellando a più non posso, ed è Chicken Wire Lady, c’è tempo per una fantastica provocazione: il minuto e quattro secondi di Subliminal Sonic Laxative, un Re lasciato vibrare su una frequenza bassissima con l’intento che potete immaginare. A degli hippie non sarebbe mai venuto in mente. Se trovate una copia d’epoca (Mercury, come i due predecessori) a buon prezzo, “Basic” merita ancora l’investimento. È per “Never Goin’ Back To Georgia” e “Gulf Coast Bound”, due LP usciti su ABC fra il 1969 e il ’70 e mai ristampati di una band chiamata Blues Magoos ma comprendente un solo membro della formazione originale, che non dovete sprecare tempo e denaro. Avrete inteso che in una discografia base degli anni ’60 americani sono viceversa obbligatori “Psychedelic Lollipop” ed “Electric Comic Book”. Nel caso ne foste sprovvisti, le al solito eccelse stampe Sundazed disponibili oggi vi costeranno venti, massimo ventidue euro cadauna.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.366, agosto 2015.
bentornato Eddy!
Bentornato! Ci sei mancato
Finalmente sei tornato!
Bentornato Venerato Maestro… Di aspettiamo altri articoli pero’
Bentornato, Eddy!
la più bella notizia della domenica! la seconda essendo quella che spero ci regaleranno stasera Dybala e Mandzukic ;)))
Volevo scriverti giusto oggi e a ciel sereno la sorpresa! Che ottimo modo di chiudere il fine settimana e il mese!
Bentornato Eddy! Che tutto possa andarti al meglio.
Che bella notizia!
Bentornato Eddy !!!
Torna la musica! Grande, Maestro!!!
Felice di ritrovarti!!! Bentornato.
Welcome back Maestro!!!!
grande eddy, ci sei mancato
Bello ritrovarsi una domenica pomeriggio con un lecca lecca lisergicamente zuppo nelle orecchie.
è una gioia rileggerti
Bentornato!
Bentornato, Eddy, bentornato davvero. E mi raccomando, keep on rockin’.
Salute Maestro.
Ciao Eddy! Bentornato!
Felice di ritrovarti. Sei mancato troppo.
Grande!!!
Bentornato Venerato
grazie a dio sei tornato, in bocca al lupo per tutto
Bentornato Venerato, ci sei mancato
Bentornato Venerato e in bocca al lupo! Ovviamente mi aspetto il tuo best 2015, 2-3 mesi dopo, come ai tempi del Mucchio.
ottimo rientro….. grande VMO e grandi Blues Magoos, un gruppo, mi pare meno celebrato, dei tanti coevi
Bello leggerti. Bello, bello.
Bentornato eddy !!!
Welcome back Maestro, piacere ritrovarti qui.
ciao