Puntualmente altissimo in ogni lista dei migliori album di ogni epoca che possa venirvi in mente (inclusa la più inattesa e bizzarra di sempre: quella compilata nel febbraio 2010 niente meno che dall’“Osservatore Romano” e capeggiata… esatto… proprio da questo titolo), “Revolver” è il disco con il quale i Beatles entrano definitivamente (trascinandosi dietro il resto del mondo) nella loro era psichedelica. Momenti chiave che spalancano porte della percezione oltre le quali, fino ad allora, in pochissimi si erano avventurati e precedendo i Fab Four di settimane, al più di mesi: l’assolo distorto che squaderna la nevrosi garage di Taxman; l’attacco e non solo l’attacco di raga di Love You To, con tanto di sitar; la parimenti indianeggiante She Said She Said; il collage di chitarre capovolte, voci manipolate, effetti sonori in loop di Tomorrow Never Knows. Firma le prime due un Harrison in assoluto stato di grazia, le altre un Lennon che sta cedendo il timone a McCartney ma per fortuna ancora non lo sa. Quanto a quest’ultimo: è quello che aggiunge più colori alla tavolozza, si tratti del neocamerismo pop di Eleanor Rigby o di una canzoncina da giardino d’infanzia quale Yellow Submarine, del romanticismo incantato di Here There And Everywhere o di una Got To Get You Into My Life dal piglio funk.
Pubblicato per la prima volta in Rock – 1000 dischi fondamentali, Giunti, 2012.