Apro Facebook e mi imbatto in un post di un amico (amico vero, non solo un contatto virtuale) che mi ricorda che sette anni fa a oggi ci lasciava un pirata e un signore.
Dei musicisti di classe stellare ad accompagnarlo e lui come uscito da una capsula temporale, identico a come lo si ricordava nelle foto di tre lustri prima: allampanato, capello, baffo e pizzetto nerissimi, elegante dell’eleganza dei gitani o dei ballerini di flamenco e com’essi galante. Tant’è che a un certo punto prese a porgere rose alle signore del pubblico, fra un’impeccabile rivisitazione e l’altra dei cavalli di battaglia della sua età aurea, di quando si pensava a lui come a uno Springsteen latino e “Rolling Stone” lo proclamava, era il 1980, “miglior cantante dell’anno”. Saggia scelta, sapendo evidentemente lui stesso che i pur pregevoli lavori da solista degli anni ’90 non valgono quelli che lo videro a capo dei Mink De Ville nei due decenni precedenti. Per tutte queste ragioni il concerto che Willy De Ville tenne a Torino nella primavera di cinque anni fa, in un Big Club inaspettatamente gremitissimo, è rimasto nella memoria dei convenuti. Si può scommettere che molti di essi torneranno con piacere a vederlo, in quel di Stupinigi, la sera del 14 luglio e che tanti altri, approfittando della capienza ovviamente più generosa del luogo, si aggiungeranno. Per certo non resteranno delusi.
Pur essendo i primi lavori del suo vecchio gruppo bellissimi, è sempre stato dal vivo, del resto, che l’artista newyorkese (al secolo William Paul Borsey) ha porto al meglio quello che lui stesso battezzò “pachucho rock”: coacervo ove coesistono il pop adolescenziale alla Phil Spector e il rock decadente di Lou Reed, la volgarità dei New York Dolls e la struggente poesia di Otis Redding, Billie Holiday, Van Morrison. E stupisce davvero che le sue sole registrazioni ufficiali in concerto siano state disseminate fra raccolte di autori vari e mini. Fatevelo da soli il vostro Willy De Ville dal vivo, allora. Naturalmente dopo esservi messi in casa, se già non li possedete, gli album storici.
Dischi consigliati
Cabretta (Capitol, 1977)
Return To Magenta (Capitol, 1978)
Le chat bleu (Pathé Marconi, 1980)
Coup de grâce (Atlantic, 1981)
Pubblicato per la prima volta sul sito dinamotorino.it, nel giugno 2000.
Grandissimo Willie. L’ho visto un sacco di volte ed è sempre stato incredibile, grandissimo performer, muy romantico (regalava rose rosse alle signorine delle prime file) ma anche supertossico, il che l’ha affondato commercialmente. Tra i suoi gioielli comunque metterei anche il Live, l’album di New orleans music e anche miracle.
Inarrivabile soul performer: a Stupinigi, quel luglio del 2002, per fortuna c’ero: ed è indimenticabile !