Il bassista tecnicamente più prodigioso della storia del jazz ci lasciava ventinove anni fa a oggi. Ne aveva solo trentacinque, ma era già da un po’ che era morto.
Non è stata gentile la vita con Jaco Pastorius, ragazzo prodigio dall’animo tormentato, assurto troppo presto alla fama e bruciatosi altrettanto prematuramente alla sua fiamma, oggi mitizzato da pochi, dimenticato dai più, ridimensionato dalla critica. “È il Jimi Hendrix del basso”, scrissero in molti, non notando che in lui un approccio allo strumento rivoluzionario e una padronanza dello stesso impareggiabile non convivevano, diversamente dal chitarrista di Seattle, con una scrittura all’altezza. Handicap grave nella sua discografia post-Weather Report, che patisce inoltre messe a fuoco difettose e larghi sprazzi di leziosità virtuosistiche.
Registrato dal vivo a Roma nel dicembre 1986, “Heavy’n Jazz” parte bene, con una stilosa rilettura di Broadway Blues di Ornette Coleman, ma nel prosieguo è in più di un momento imbarazzante, con un vero e proprio nadir rappresentato da una versione di Smoke On The Water (sì, quella) improponibile. Né le cose vanno granché meglio quando Pastorius e (soprattutto) il chitarrista Bireli Lagrene si misurano proprio con il songbook hendrixiano. Impresa che del resto ha rotto le ossa a molti.
Pur non essendo un capolavoro è di ben altro livello “Stuttgart Aria”, che il sestetto guidato dal Nostro diede alle stampe qualche mese prima. Se la citazione (non accreditata!) di Sly Stone nel brano che lo intitola è da pollice verso e Jaco Reggae è quasi irritante, la toccante melodia di Teresa (forse la più bella scritta da Jaco) e una splendida rivisitazione di The Day Of Wine And Roses di Henry Mancini inducono all’assoluzione. Facendo nel contempo crescere la tristezza per quegli occhi persi nel vuoto che campeggiano in copertina e che da lì a non molto si sarebbero chiusi per sempre.
Pubblicato per la prima volta su “Blow Up”, n.10, marzo 1999.
L’ha ribloggato su PUBLICITACOM.WORDPRESS.COMe ha commentato:
E UN TELENTO
Il genio, la musicalità e la rivoluzione che Jaco a portato all’interno della musica sono incommensurabili. Ancora oggi milioni di bassisti e musicisti devono a Jaco qualcosa…
Come al solito obiettivo centrato. Grande bassista, ma la scrittura proprio non c’è, cosa che del resto lo accomuna a molti virtuosi che purtroppo hanno confuso la musica con la dimostrazione della propria bravura tecnica.
Mah, io credo che uno dei momenti più alti di Jaco sia nel lirismo di A remark you made. Trovo tra l’altro che il virtuosismo di Jaco fosse tutto proiettato alla funzione ritmico-melodica (penso al periodo con Joni Mitchell anche). Basta pensare ad Havona e al solo contenuto. Non so, penso che prendere in considerazione un lavoro quando ormai era a pochi mesi dalla morte sia un esercizio inutile e irriverente. Jaco va preso dal 1976 al 1982. In 5/6 anni ha rivoluzionato il basso elettrico. Nessuno come lui, pur avendo prodotto così poco per un artista, ha rivoluzionato così tanto, se non tutto. Non c’è bassista che oggi non usi un suo lick o il suo approccio ritmico.
Me compreso che non sono nessuno.