Come faranno quando decidono che è giunto il momento di porre mano a un album nuovo? Ciascuno porta le sue canzoni, avendo deciso che saranno quelle, oppure sottopone ai soci un ventaglio di scelte e poi si vota? Sia come sia: poche cose al mondo sono più prevedibili di un disco dei Teenage Fanclub. Lo sai prima di averlo fra le mani che conterrà dodici tracce e che Norman Blake, Raymond McGinley e Gerard Love ne avranno firmate quattro a testa. Un altro paio di cose che sai prima di averlo fra le mani: che suonerà più o meno tale e quale al predecessore, che a sua volta suonava più o meno tale e quale al predecessore e così via, da “Bandwagonesque” (di cui nel 2016 si è festeggiato il venticinquennale) in avanti; e che sarà la solita festa di riff incisivi, melodie dall’insidioso al fulminante, armonie vocali da manuale del pop. E ancora questo sai: che ciò nonostante sarà un insuccesso. Lo compreranno i soliti quattro rimasti fedeli alla causa (non inganni il decimo posto nella classifica UK; oggi pure lì basta poco per rimediare un piazzamento in zona alta e chi ha dei cultori che corrono tutti subito ad acquistare l’ultima uscita può stare certo che ci entrerà) e le critiche saranno mediamente positive, sì, ma accondiscendenti. Un altro album dei Teenage Fanclub… sbadiglio… carino… sbadiglio… stessa roba dell’altra volta… sbadiglio… e adesso buttiamo giù altre diecimila battute per convincere un mondo che non ha bisogno di esserne convinto che tutto ciò di cui ha bisogno è il nuovo disco di Beyoncé.
Nel mio mondo ideale per cominciare Blake/McGinley/Love non metterebbero questi intervalli disumani fra un album e l’altro. “Here” lo abbiamo aspettato sei anni e, se ci pensate e se la matematica non è un’opinione, vuol dire che ogni anno i magnifici tre scrivono due terzi di una canzone a testa. E andiamo! E poi nel mio mondo ideale il gruppo scozzese sarebbe strafamoso, mica un delizioso segreto per happy few. Perché non esiste che non sia strafamosa gente che scrive canzoni come se Gram Parsons fosse stato il quarto di Crosby, Stills & Nash, come se i Big Star fossero stati i Fleetwood Mac di “Rumours”.
Questo è proprio quello che avrei voluto leggere sui Teenage Fanclub da quando, con colpevole ritardo, ho scoperto i CSNY&P in questione (perché c’è anche Y, no?).
Grazie, Eddy