Non contando gli oscurissimi primi passi post-adolescenziali e post-punk con Cowboys e Naked Skinnies (e una cassetta autoprodotta da solista), Mark Eitzel è sotto i riflettori dal 1985, l’anno di “The Restless Stranger”, debutto degli American Music Club. Da allora e per un intensissimo, abbondante quarto di secolo ha buttato fuori dischi a getto continuo, molti alla testa del gruppo summenzionato (scioltosi a metà ’90, il Club si riformava da lì a un decennio per un paio di apprezzabili postille a un romanzo formidabile) e ancora di più usando la propria identità anagrafica. Catalogo ineguale ma con apici di enorme pregio che, al netto di uno sfortunato flirt con la discografia maggiore all’epoca in cui il successo dei Nirvana dava a tutti una possibilità, lo ha reso il più tipico degli eroi “di culto”: come un Morrissey californiano, con Raymond Carver in luogo di Oscar Wilde come modello esistenziale ed estetico. Per chi ne ha seguito la vicenda biografica con l’affetto che si deve ai “beautiful losers”, l’insolito e prolungato – cinque anni – silenzio andato dietro al precedente “Don’t Be A Stranger” non è stato una sorpresa. Quello usciva dopo che per poco un infarto non si era portato via l’artefice e che il nostro uomo abbia rallentato ci sta.
Inconsuetamente atteso, “Hey Mr Ferryman” premia i cultori con una dozzina di canzoni nella media alta del repertorio. Regia e chitarra solista (sopra le righe, con gusto talvolta glam) dell’ex-Suede Bernard Butler, si destreggia fra lo scanzonato folk-rock di The Last Ten Years e la dolcissima ninnananna Sleep From My Eyes, nell’ampio arco compreso, per tramite del blues Mr Humphries, fra una An Angel’s Wing… che potrebbe essere di Caetano Veloso e i National in fregola latina di La llorona.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.385, marzo 2017.
quando si va d’accordo….
https://turrefazioni.wordpress.com/2017/02/21/retronow-almost-blue-le-sette-vite-di-mark-eitzel/
Un consiglio sui migliori degli American Music Club?
“Mercury” e “California” da avere subito. Penso che il VMO sia d’accordo…
Assolutamente sì. Sono i due indispensabili.
Grazie ad entrambi. Mercury si trova ad una pipa di tabacco, mentre California purtroppo costicchia.
Specialmente la versione CD con annesso l’album “United Kingdom”. Non è più stato ristampato da che uscì, per questo ci lucrano sopra. “Mercury” finì in un battibaleno tra i tagliati, e immagino che la Reprise ne abbia stampate un bel po’ di copie…
L’ho ascoltato, bellissimo