I ragazzi che calano su Monterey hanno spirito ludico e insieme rilassato e battagliero. Un obiettivo: riprendersi la vita. La rivoluzione sessuale corre a passo pure più svelto di quella – correlata – psichedelica (che dalla musica è sconfinata subito nel campo delle arti visive) e la lotta al razzismo e il rifiuto della guerra in Vietnam sono formidabili collanti. La polemica contro il Sistema è viva, pungente. David Crosby introduce l’esibizione dei Byrds la sera del 17 con una citazione di Paul McCartney, da un’intervista a “Life” in cui il Baronetto aveva dichiarato che se tutti i politici del mondo avessero preso dell’LSD difficilmente ci sarebbero state ancora guerre. E così presenta la commossa dedica a JFK di He Was A Friend Of Mine: “Il presidente Kennedy non è stato ucciso da un solo uomo, è stato colpito da differenti direzioni con armi da fuoco diverse. La storia è stata messa a tacere, i testimoni sono stati assassinati e questo è il vostro paese, signore e signori”. Parole come macigni che nondimeno nella memoria si associano a Monterey infinitamente meno dello scambio da chiesa negra fra Otis Redding, nei panni del predicatore, e un pubblico in stragrande maggioranza bianco che ruggisce un “sì” estatico in risposta a un “Questa è la folla dell’amore, giusto? Ci amiamo tutti l’un l’altro, vero? Ho ragione? Fatemi sentire che dite sì!”. Ecco: se c’è un singolo momento, se ci sono dieci secondi che da soli sintetizzano ciò che fu (o avrebbe voluto essere) l’Estate dell’Amore sono quei primi di I’ve Been Loving You Too Long (To Stop Now), emozione che piglia alla gola e lascia tremanti, cuore che perde un battito. Eppure quel ragazzone appena venticinquenne di Macon, che da lì a meno di quattro mesi sarebbe morto, non di eccessi ma perché gli dei sanno essere infami (cadrà con l’aereo che lo portava da un concerto a un altro), non c’entrava nulla con quella platea, non c’entrava nulla con la montante psichedelia. Doveva esserci qualcosa nell’aria. Doveva esserci qualcosa nell’acqua. O nel succo d’arancia.
L’altro obiettivo dei quasi duecentomila che occupano pacificamente una cittadina che fino ad allora era conosciuta soltanto per essere la sede della Scuola di Lingue dell’esercito statunitense è naturalmente farsi una spanciata senza precedenti di musica della più varia. Scorso oggi, il cartellone di quei tre giorni di “musica, amore e fiori” è davvero impressionante. Lo diventa di più o di meno, a seconda della prospettiva da cui lo si guarda, se si considera che del programma, ecumenico (fra soul e pop, folk e blues anche escursioni world ante litteram, con Hugh Masekela e Ravi Shankar), e all’incirca diviso a metà fra californiani, autentici e d’adozione (da Eric Burdon a Steve Miller e alla Butterfield Blues Band) e ospiti, le stelle già alte nel cielo del rock erano in realtà poche: i padroni di casa Mamas & The Papas, Simon & Garfunkel, i Byrds, i Jefferson Airplane, i Buffalo Springfield e più di chiunque altro gli Who (tutto viene in mente fuorché “fate l’amore, non la guerra” ascoltando la loro dinamitarda performance). I Doors non parteciparono e fra i locali fu l’assenza più vistosa. I Grateful Dead sì, ma non era un festival la cornice giusta per accoglierli e difatti (pure sfortunati, stretti come si trovarono fra gli Who e l’Experience) la loro fu un’esibizione sottotono. Ma se è di musica che si parla e non di storia del costume, Monterey è oggi ricordato soprattutto perché fu l’evento che, oltre a fare innamorare la gente del rock di Otis Redding, lanciò le carriere di Janis Joplin e di Jimi Hendrix, che era già famoso in Gran Bretagna ma ancora un signor Nessuno a casa sua. Fu quello il suo esordio americano. Mai debutto fu tanto abbagliante.
Ci avete pensato anche voi? Come Otis, pure Jimi e Janis sopravviveranno di poco alla Summer Of Love. Ci lasceranno fra il settembre e l’ottobre del 1970, a sedici giorni di distanza l’uno dall’altra. A lui l’acido piaceva, ma con esso troppe altre cose. A lei nemmeno un po’. Era una tipa da Southern Comfort ed eroina e mal naturalmente gliene venne, povera, tenerissima stronza. Il mancato protagonista di Monterey, Jim Morrison, andrà loro dietro nel luglio dell’anno dopo, il 3 per la precisione. L’Estate dell’Amore, cominciata con un’alba luminosissima e terminata con un lungo, per molti versi disperante tramonto, sfumava in un Autunno dello Scontento, con le disarmate armate hippie in rotta su tutti i fronti, Nixon alla Casa Bianca e un cowboy fascista, tal Ronald Reagan, governatore (eletto proprio nel 1967) della libertaria California.
Tratto da Possa il Bambin Gesù tapparvi la bocca e aprirvi la mente. Pubblicato per la prima volta su “Extra”, n.6, estate 2002.