“Siamo continuamente bombardati da cattive notizie, la gente viene abusata e uccisa per ragioni insensate, o senza nessun motivo, e si direbbe che il mondo abbia passato gli ultimi mesi a piangere. Ma poi ci rifletti su e concludi che il mondo è un fottuto casino da molto tempo, se non da sempre. È una sensazione dalla quale mi sono scoperta sopraffatta e l’unica reazione possibile è scriverne.” Così (solo, in un linguaggio un po’ più colorito) la trentatreenne californiana Chelsea Wolfe nelle note che accompagnano il suo settimo o ottavo o nono (a seconda che si contino o meno uno ufficialmente mai pubblicato, ma che a cercarlo si trova, e una – per lei curiosa – raccolta di session acustiche) album. Nello stesso comunicato dice “escapista” la musica contenuta in “Hiss Spun”, ma il termine va inteso nell’accezione non certo disimpegnata e divertita di una che ha intitolato un suo disco “Apokalypsis”, quello dopo “Pain Is Beauty” e l’ultimo prima di questo “Abyss”. Recensendo il quale avvertivo che “non è una tazza di thè che può piacere a tutti” e vale ancora di più per il successore.
Insomma: pensatela (pur senza quei mezzi – e quelle sperimentazioni – vocali) come una Diamanda Galas con come padre un cantante country (vero!) e cresciuta, oltre che a folk e indie rock, a metal del più torpidamente estremo. Intimidente il trittico iniziale: a una Spun stridula, lenta e massiccia vanno dietro la psicantropa 16 Psyche e la tambureggiante e ansiogena (la voce in territori grind) Vex. Se riuscite a superare questo test di ammissione dopo l’oscuro, pulsante siparietto Strain potrete… ahem… godere di altri otto brani appena meno estremi, con l’occasionale affacciarsi alla ribalta anche di una chitarra acustica e qualche sprazzo onirico invece che incubotico.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.391, settembre 2017.
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