Magari ha ragione il recensore di “Record Collector”. Forse Billy Corgan è perito in un incidente poco dopo l’uscita nell’ottobre 1995 di “Mellon Collie And The Infinite Sadness” ed è stato sostituito da un sosia. Proprio come McCartney nel ’66, ricordate? Con la differenza che, mentre il facsimile di Paul evidenziò la stessa genialità per qualche anno e si è poi costruito una carriera post-Beatles rispettabile (ma dove lo avranno scovato, quei signori del male della discografia?), il finto Billy ha la medesima voce, uguali fattezze (ma come è invecchiato! un cinquantenne che di anni ne dimostra minimo dieci di più), ma quanto a talento… un’ombra. Potrebbe così spiegarsi l’inspiegabile, una caduta di ispirazione verticale dopo un album in ogni senso ingombrante, con le sue due ore insieme troppo dense e dispersive, ma nei momenti migliori l’apice di una carriera già benissimo iniziata con i memorabili “Gish” e “Siamese Dream”. Gli Smashing Pumpkins seguenti, dopo il decente “Adore”, sono diventati imbarazzanti, del progetto Zwan meno si dice e meglio è e una pietosa riga va tracciata pure sull’esordio da solista del nostro non più eroe, “TheFutureEmbrace”. Negli USA vendeva settantamila copie quando “Mellon Collie” ne aveva totalizzato oltre quattro milioni e mezzo.
Dodici anni dopo William Patrick (visto? non è più il Billy di una volta) prova a tirarsi su affidandosi per la produzione a quel resuscitamorti di Rick Rubin e facendo tutto l’opposto. Via tastiere e batterie elettroniche, queste undici canzoni si affidano a chitarra acustica, pianoforte, degli archi. L’iniziale Zowie dispiega una melodia di un certo gusto e come pausa in un disco pieno come un tempo di elettriche furiose ci sarebbe stata bene. Sfortunatamente, stabilisce l’andi di un album che… zzzzzzzzzzzzz.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.393, novembre 2017.
Giudizio troppo ingeneroso, specie se si pretende un album di “elettriche furiose” dopo le mediocrità del sosia. Ma poi “Mellon Collie”… ingombrante e dispersivo??
concordo! ci sono almeno 4-5 canzoni davvero belle
Se il disco viene preso nel suo insieme, sono del parere che dai due terzi dell’ascolto in poi comincia a sfumare nell’indefinito…
Per quanto riguarda il “mood”, musicalmente parlando e’ piuttosto introspettivo, e non mi dispiace assolutamente.
Se si ascoltano le canzoni prese singolarmente, alcune canzoni hanno un sapore di “bello ma già sentito” e poi ci sono alcuni pezzi piuttosto degni di nota (li avessi scritti io..!).
Ad ogni modo, arrangiamenti che personalmente trovo quasi tutti uguali a se stessi affondano la qualità’ complessiva di un buon album che avrei giudicato migliore se fosse stato più’ minimalista.
Ma se lo dice chiaro e tondo che, seppure (innegabilmente, a mio avviso) ingombrante e dispersivo, “Mellon Collie” rappresenta un’apice nella carriera di Corgan (tra l’altro Eddy recensì in presa diretta il disco suddetto in termini entusiastici su Dynamo, se la memoria non mi inganna). Resta però secondo me inconfutabile che da lì in poi le uscite del nostro siano state di una mediocrità imbarazzante.
Maestro, stavolta davvero troppo troppo ingeneroso! Anzi, fortuna che ha chiamato Rick Rubin che ci ha messo un bel po’ di paraculaggine nel sound, siccome per me le canzoni ci sono. Poi rispetto al passato disastroso questo è un capolavoro…
rispetto all’esordio solista questo cd è stupendo è vero che dopo “Adore” è iniziato un declino verticale interrotto solo dalla stupenda parentesi degli Zwan (sì, so di essere contro corrente)