Un sicuro maestro di James Murphy e anzi fra i tanti il principale, ossia David Bowie, il ritiro dalle scene lo annunciava già nel 1973, esattamente trent’anni prima di avviare l’ultima campagna concertistica. Preveggentemente mi consentivo allora un po’ di sano scetticismo, recensendo nel 2010 “This Is Happening”, di fronte al perentorio annuncio con cui si concludeva il comunicato stampa che ne precedeva l’uscita: sarà l’ultimo disco a nome LCD Soundsystem. Mah… Cose che si dicono quando si compiono quarant’anni e la consapevolezza di essere nel mezzo del cammino di una vita spinge a strappi, o come minimo a decisioni simboliche. L’uomo che dal 2002 si cela dietro la riverita sigla i suoi primi quarant’anni li festeggiava tre mesi prima della pubblicazione di quello che per il gruppo era il terzo lavoro in studio e trascorreva molta parte dei successivi undici promuovendolo. Avevamo lasciato gli LCD Soundsystem il 2 aprile 2011, mentre dal palco del newyorkese Madison Square Garden salutavano la folla lì convenuta per il concerto di addio alle scene documentato nel 2012 nel film Shut Up And Play The Hits e nel 2014 nell’addirittura quintuplo (solo in vinile!) “The Long Goodbye”. Non così “long”, se a inizio settembre 2017 abbiamo ritrovato Murphy e soci (gli stessi di sempre; se per tanti aspetti il contesto è quello di una one-man band va rilevato che sotto il profilo compositivo offrono contributi rilevanti) in vetta alle classifiche USA con un album nuovo. Performance apparentemente incredibile per un progetto sulla carta ritagliato per essere per pochi: un gruppo che (parole del leader) “scrive musica il cui argomento è lo scrivere musica” e che fin dal singolo d’esordio del 2002, Losing My Edge, ha fatto della citazione non la pietra d’angolo del suo canone bensì il canone stesso. Decenni di rock, di elettronica, di dance music masticati, digeriti e risputati fuori. Perfetto per critici e intenditori ma… per le masse? Ed è qui che entra in gioco la capacità di scrivere canzoni in grado di andare oltre il pastiche stilistico, subito memorabili per quanto si prestino poi a letture molteplici.
Tutto quanto si ascolta nei 68’38” di “American Dream” è già ascoltato e nondimeno non ci si stanca mai di riascoltarlo. Si tratti di variazioni sul tema tanto sapienti da ricadere nella categoria di grandezza degli originali: i Suicide romantici di Oh Baby; i Joy Division di I Used To; David Bowie che aggiunge con Black Screen un PS a “Blackstar” (che proprio James Murphy avrebbe dovuto produrre; ma rinunciava, limitandosi a un cameo da percussionista). O di incroci fra mashup e inaudito: i Talking Heads alle prese con Secret Life Of Arabia in Other Voices e di nuovo con Fripp alla chitarra in Change Your Mind; gli Psychedelic Furs in collisione con i P.I.L. di Call The Police; i Kraftwerk che si fanno ispirare dal doo wop della traccia omonima. Un lavoro colossale. Un classico istantaneo come fu a suo tempo il debutto “LCD Soundsystem”.
Giunti alla fine del tuo best of 2017 mi sento di affermare tre cose: 1) che mi hai fatto recuperare, come tuo solito, qualche album di cui magari avevo anche letto, ma che per vari motivi (uno su tutti: recensioni, magari neanche positive, redatte da critici con cui non sono in sintonia); 2) che, proprio per il motivo esposto al punto 1, le famigerate liste di fine anno, a quanto pare odiatissime e ritenute sostanzialmente inutili da moltissimi critici, restano utilissime per noi ascoltatori; 3) che, come il sottoscritto, sei tra i pochi a non essere stato folgorato da The Ooz di King Krule.
Grazie per aver dato vita a questo blog (oltre che per tutto quello che hai scritto per la carta stampata).
Grazie Eddy, la tua playlist di fine anno si è rivelata preziosa e ricca di spunti (come previsto, del resto). Veramente un ottimo lavoro.
Bellissimo… primo e quinto posto della Top 5 in comune col Venerato! E quindi stesso disco dell’anno per due anni di fila…
Grazie di tutta questa condivisione: sul blog come su Facebook. Ha ancora più valore, dopo quello che hai passato. Ed è incommensurabile la distanza tra la tua firma su tutta questa mole di bellezza raccontata e la nullità di chi semina insulti e cattiveria.
(P.s. prossimo acquisto sicuro: Slowdive)
A me piacciono le liste di fine anno, seguo tutti i miei giornalisti preferiti e poi ovviamente filtro tutto attraverso i miei gusti. Io continuo a seguire le riviste musicali e sinceramente non potrei farne a meno ma i blog sono molto comodi per fare ricerche veloci.
L’unico difetto di molte “best of” è che si assomigliano un po’ tutte e se questo è prevedibile perché i dischi più interessanti sono quelli è anche vero che a me piace sentire pareri discordi e originali perché è in questi casi che i consigli sono veramente interessanti.
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