CousteauX – CousteauX (Silent X)

Dieci anni di lontananza ci hanno fatto apprezzare la sinergia che c’è fra noi. Talvolta i musicisti si completano e la nostra somma ammonta a un singolo cantautore. E poiché i Cousteau non sono mai stati databili la loro musica di oggi non è diversa da quella di ieri. Invecchiare non ha fatto che renderci più strani e più forti”: così Davey Ray Moor, compositore e multistrumentista, riguardo al riannodarsi del sodalizio con il cantante Liam McKahey. Ancora: “La X aggiunta al nome è silenziosa, sicché la pronuncia non cambia. Simboleggia il decennio di separazione ed è come un bacio… e una cicatrice”. Liberi di professare cinismo riguardo alla ragione prima e ultima del tornare insieme della coppia cardine dei londinesi Cousteau. Sia Moor che McKahey da solisti hanno combinato poco e allora perché non riesumare una sigla il cui omonimo esordio a inizio secolo totalizzò trecentomila copie? Poi bisogna provare a giustificarlo ma… la sapete una cosa? Pure io prima di ascoltarlo non avrei messo un soldo su questo nuovo debutto, ma poi gli ho fatto fare un giro, un altro e un altro ancora. E mi sono arreso all’evidenza di un gruppo migliore di quello che era.

Più solidi gli spartiti rispetto al tempo giovanile che fu, più avvincenti le interpretazioni, a non essere cambiato è il perimetro entro cui ci si muove, che è quello di un cantautorato confidenziale e notturno, con referenti Bowie (pure quello ultimo di “Blackstar”, nell’inaugurale e stupenda Memory Is A Weapon), Nick Cave, Scott Walker. Magari gli Smiths influenzati da Dusty Springfield (This Might Be Love), fra un blues (The Innermost Light), una passeggiata sul lato noir del jazz (Portobello Serenade), l’occasionale assalto rock (Thin Red Lines), del pop un po’ barocco e un po’ psichedelico (Fucking In Joy And Sorrow).

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.394, dicembre 2017.

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