L’oro (caldo) di Napoli degli Osanna

Chi non conoscendo gli Osanna si trovasse a entrare nel loro mondo usando come accesso “Palepoli” – in ogni caso porta ideale, ben più dei precedenti e pur non avari di spunti felici “L’uomo” e “Preludio Tema Variazioni Canzona” – non potrà dubitare per un istante e da subito di dove sia finito: chiaramente in riva al Mediterraneo (per certo lo si coglie anche non essendo italiani) e per la precisione in quella Napoli su cui il titolo dell’album gioca, contrapponendo un’idealizzata città antica a una modernità percepita come corruttrice. Non lasciano dubbi in tal senso già i primi suggestivi due minuti di Oro caldo, compenetrazione, con un leggero pulsare ritmico a legare, di rumori di strada con una melodia popolaresca sinuosa e al pari lieve, disegnata dal flauto di Elio D’Anna e dalla voce in questo frangente muezzinica di Lino Vairetti. Fintanto che un mellotron non divampa trionfante e prende a duettare/duellare con una chitarra elettrica (Danilo Rustici) che fa cosa unica degli insegnamenti di Fripp ed Hendrix: e allora sì che non si possono più avere dubbi, è il Vesuvio quella montagna che si staglia all’orizzonte.

In una scena troppo spesso pedissequa nel rifarsi a modelli esteri, e quasi perversa nella propensione a scegliere i più discutibili, gli Osanna spiccano tanto per l’impronta autoctona che sanno non occasionalmente dare ai loro spartiti che per il buon gusto con il quale si scelgono i principali referenti: più dei soliti Genesis, che in tour nel Bel Paese nel ’72 apposta li scelgono come spalla e con i quali non condividono che la teatralità degli spettacoli, King Crimson e Van Der Graaf Generator. Nelle due lunghe suite (l’altra Animale senza respiro) separate da un interludio che ne costituiscono l’insieme compatto e assai articolato programma, “Palepoli” frulla e alterna assortite musiche etniche e scampoli di blues, hard e passaggi free form, paesaggi pastorali e scorci metropolitani. Spiace giusto una produzione inadeguata, a momenti delittuosa nel suo appiattire l’estro di strumentisti provetti pressoché mondi del peccato supremo del progressive: il narcisismo.

Pubblicato per la prima volta su “Blow Up”, n.190, febbraio 2014

1 Commento

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Una risposta a “L’oro (caldo) di Napoli degli Osanna

  1. Gian Luigi Bona

    Grande gruppo e grande disco. In Italia abbiamo un patrimonio artistico enorme che per colpa di discografici scarsi rischia di andare perso. Non possiamo permetterlo.

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