Dice bene il recensore di “Pop Matters”: ventiquattro album in studio (ne conta evidentemente uno di outtake) e Graham Parker ancora canta la stessa canzone (che poi sarebbero almeno le stesse tre o quattro, ma non sottilizziamo). E nondimeno, come un buon whiskey, conserva il suo carattere e merita sempre tornare a sorseggiarlo. Ventiquattro album e non butteresti il più modesto, ma che peccato che solo sette lo abbiano visto affiancato ai/dai Rumour: per costui come la E Street Band per Springsteen, gli Heartbreakers per Tom Petty, gli Attractions per Elvis Costello. Come si sono incaricati di ricordarci nel 2012 e nel 2015 il sesto e il settimo, “Three Chords Good” e “Mystery Glue”, di una serie che piazzava di seguito i primi cinque titoli fra il ’76 e l’80: classici totali di un sound subito accolto dalla critica come una boccata d’aria fresca e altrettanto immediatamente reso obsoleto – apparentemente – dal punk. In realtà senza tempo, mischione di errebì bianco all’anfetamina, ballate soul e rock’n’roll, una spolverata di country, una di reggae. Ma non chiamatelo pub rock, ché Parker non sarà più l’“angry young man” di una volta ma ha sempre detestato l’etichetta e capace che ancora oggi vi piglia a male parole.
La cattiva notizia è che, tranne Martin Belmont, i Rumour qui non ci sono. Una prima buona nuova è che in compenso in sei brani su undici è presente, dopo una vita, la loro sezione fiati. La seconda è che l’assenza si nota meno che altre volte. Merito di una scrittura felice e un suono compatto benché i livelli di energia (fanno eccezione Brushes e Nothin’ From You) siano ben al di sotto delle ultime uscite. Apici da antologia: una Ancient Past che sa di vaudeville, una Dreamin’ felpata con swing, una Love Comes sull’orlo del confidenziale.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.404, dicembre 2018.
Bel disco, parafrasando gli Stones: “It’s only Soul but I like it”
il Verbo del VM non ammette confutazioni, nel senso che è coi Rumour che Parker dovrebbe sempre accompagnarsi per tirar fuori a livello di alchimia sonora il meglio di sè. Ma questo disco è complessivamente valido, meno elettrizzante dei precedenti ma sorprendentemente vario, quasi uno zibaldone degli stili che il Nostro ha compulsato in carriera.
PS: un suo disco senza Rumour di questo millennio da consigliare? Per me, lo splendido e disincantato ‘Don’t Tell Columbus’
Visto dal vivo poco più di un lustro fa, da solo. Favoloso.
Idem. Mi sa che abbiamo assistito a date diverse dello stesso tour.
Trovato! https://www.youtube.com/watch?v=mvQDFAVJ8M4