Luogo comune vuole che chi nasce incendiario spesso muoia pompiere, che è come dire che se da giovani volere sovvertire il Sistema è normale rientra nell’ordine naturale delle cose che l’età matura induca a moderarsi. Prossimo ai cinquantadue anni, in giro dacché ne aveva diciannove, Michael Franti alla rivoluzione aspira ancora e nondimeno parrebbe avviato a morire Jovanotti, quando era nato Jello Biafra. Per carità, ci sono destini peggiori e tuttavia l’imbarazzo, che già aveva fatto capolino a più riprese nelle dodici tracce e nei quaranta minuti precedenti, si fa invincibile quanto parte il ritornello della di per sé melensa Show Me Your Peace Sign e ascoltiamo il nostro uomo invitare la tipa di turno a mostrargli “il segno della pace quando la Rivoluzione arriverà”. Ecco, a memoria non mi pare che Jovanotti si sia mai reso tanto ridicolo e nel caso di Franti stiamo parlando di uno partito dal superabrasivo industrial-punk-rap dei Beatnigs. E ve li ricordate i Disposable Heroes Of Hiphoprisy? Straordinari, fra Gil Scott-Heron e il jazz e capaci di collaborazioni con William Burroughs come di riletture hip hop dei Dead Kennedys.
Sin dall’inizio più pop, gli Spearhead partivano comunque bene, confezionando alcuni album pregiati e più di tutti l’originale “Stay Human”, datato 2001. Un al più piacione disco per l’estate con il torto di uscire a fine gennaio, questo “Vol.II” da quei livelli è distantissimo. Per quanto momenti gradevoli che gli fanno raggiungere la sufficienza e potrebbero regalargli soddisfazioni al botteghino non manchino: il lovers reggae Just To Say I Love You, una title track molto Peter Gabriel o il ragamuffin Enjoy Every Second sono pur sempre meglio del 90% (almeno!) di quanto passano radio e TV commerciali.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.406, febbraio 2019.
“parrebbe avviato a morire Jovanotti, quando era nato Jello Biafra”. Diretta nell’all time greatest hits del VMO. Trovatelo, voi, un altro che scrive così.
Già che ci sono, approfitto: grazie, Eddy, per il consiglio di “Home” degli Spearhead, uno dei migliori dischi hip hop in cui mi sia imbattuto (in cui ci si possa imbattere, azzardo).
Inciso finale: per qualche ragione pensavo avresti tirato fuori qualcosa per il sessantacinquesimo di Stan Ridgway, ma venire così gradevolmente stupiti è uno dei piaceri della vita. Auguri a Stan, dunque, e a te il solito grazie.
Giuro che avevo considerato l’idea di celebrare il compleanno dell’uomo di “Mexican Radio” e “Camouflage”, ma poi ho effettuato la solita ricerca negli archivi, ci ho trovato giusto un paio di recensioni di cose minori e allora ho lasciato perdere.
Non avevo dubbi che non ti sarebbe sfuggito 🙂
E quale sarebbe destino peggiore di nascere Jello Biafra e morire Jovanotti?
Io per Jovanotti ho una certa stima. Uno suo best ideale di – diciamo – una quindicina di canzoni sarebbe un signor disco.