Della compulsione a redigere liste e di cerchi che si chiudono

Era il 1990. Il sottoscritto e Federico Guglielmi (insieme con un manipolo di gran belle persone; eccetto un paio le ricordo ancora tutte con affetto) ci eravamo inventati qualche tempo prima un mensile chiamato “Velvet”. Un decennio era appena finito e nei numeri 17 e 18 della rivista (febbraio e marzo) provammo a fare il punto su “quegli anni importanti” passandone al vaglio la produzione discografica. Sul primo fascicolo sistemammo le schede di quelli che secondo noi erano i venti capolavori più capolavori di tutti, sul secondo scrivemmo di altri ottanta titoli. I lettori mostrarono apprezzamento e decidemmo allora di perseverare, portando in edicola quell’estate un supplemento del giornale che battezzammo “Velvet Gallery” e nel quale, facendoci dare una mano fra gli altri da Massimo Cotto, Paolo Ferrari ed Ermanno Labianca, estendemmo la nostra indagine al rock dei tre decenni precedenti, ’50, ’60 e ’70. Gli album a quel punto erano diventati 333. Ci divertimmo assai e la nostra piccola platea (piccola per allora; con quei numeri oggi non dico che ci arricchiremmo ma quasi) di nuovo gradì.

Fast forward… Primavera 2001. Esce il primo numero di “Extra”, supplemento inizialmente trimestrale dell’allora settimanale “Il Mucchio Selvaggio” e, guarda che coincidenza, un altro decennio si è da poco concluso. Possiamo non cadere nella tentazione di tirarne le somme al solito modo, ossia cercando di individuare cento dischi particolarmente atti a rappresentarlo? Più che caderci ci tuffiamo dentro, a capofitto. Entro il numero 5 già avevamo compilato una piccola summa del rock dai primordi a fine secolo che nel 2002 la Giunti si incaricava di portare in libreria. Quel “Rock – I 500 dischi fondamentali” dieci esatti anni dopo lasciava le librerie senza essere nel frattempo mai uscito di catalogo e diventava “Rock – 1000 dischi fondamentali”. Neanche quello (a testimonianza di numeri inusuali per il mercato editoriale italiano; figurarsi per quello specializzato in cose di musica) è mai uscito di catalogo. Anzi sì. Ieri.

Fosse stato per noi avremmo atteso un altro anno, giusto per arrivare a fine decennio, ma alla Giunti premevano per un aggiornamento e quando Riccardo Bertoncelli (per quanto mi riguarda: il vero e unico Venerato Maestro, sempre e comunque) ti chiede qualcosa è davvero difficile dire no. Abbiamo detto sì (io, Guglielmi e naturalmente Carlo Bordone e Giancarlo Turra, già preziosi complici nella precedente avventura), però nel contempo non dico cambiando gioco ma quantomeno un po’ di regole sì. Fuori dal volume i cosiddetti Padri Fondatori, si parte dal 1954 (dall’Elvis della prima, storica seduta di incisione alla Sun) e si giunge ai giorni nostri dando al termine “rock” un’accezione ancora ampia ma che non arriva a includere, diversamente dal precedente tomo, la world music. C’è molto meno hip hop, un po’ meno reggae, un po’ meno elettronica. Il tutto per far posto non solo a un buon numero di dischi usciti fra il 2011 e il 2018 ma anche a un tot di lavori storici che nel predecessore non eravamo riusciti a includere. E poi c’è l’appendice dei 100 culti. Non saprei dire esattamente (dovrei passarci mezza giornata; magari prima o poi lo faccio) quanti siano i dischi mai trattati prima inclusi in questo “1000 + 100”, ma a spanne azzarderei un paio di centinaia.

Per dare persino al lettore che ci segue sin da “Velvet” (ce ne sono, ce ne sono…) qualcosa di fresco, di nuovo, il brivido della sorpresa e, chissà, della scoperta. A proposito di Velvet: avete fatto caso all’etichetta del 33 giri che campeggia in copertina?

30 commenti

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30 risposte a “Della compulsione a redigere liste e di cerchi che si chiudono

  1. Corro in libreria. Anche se noi che vi seguiamo da più di 30 anni, sul Mucchio, soprattutto su Velvet, su Rumore, su Blow up, su Audio review e in tante altre pubblicazioni e libri, lo meriteremmo come premio fedeltà.

  2. Mario78

    Grazie del bellissimo regalo. Non vedo l’ora di acquistarlo. Gli altri volumi, prima i 500 dischi e poi quello dei 1000, per non parlare dei mucchi e degli extra, li ho divorati. Per sempre grato…👍

  3. Mauro

    Ho in casa tutti i numeri del Mucchio Extra (quello vero, ovviamente) e sono uno di quei lettori che vi seguono si da “Velvet” (e anche da prima: acquistai il mio primo “Mucchio Selvaggio” nel 1983). Comprerò il nuovo volume per leggere le schede dei dischi usciti fra il 2011 e il 2018, quelle dei lavori storici che non comparivano nella precedente edizione ed anche per supportavi economicamente, il minimo che possa fare per ringraziare chi da anni si prodiga con serietà e competenza per permettere (a me ed a quelli come me) di vivere meravigliose emozioni in musica.

  4. Massimiliano

    Ciao, idem come Mauro sopra ma a partire dal 1986 per questioni anagrafiche…queste si che sono notizie che fanno piacere!
    Viva!!

    • Paolo

      Che differenza c’è con 1000 dischi fondamentali scritto sempre da voi è uscito sempre con giunti?

      • Lo spiego qui sopra. Abbiamo aggiunto album usciti fra il 2012 e il 2018 e altri, pubblicati nei decenni precedenti, che in quel volume non c’erano e ai quali abbiamo fatto spazio grazie a un’interpretazione un po’ più restrittiva del termine “rock”. Antologie che non risultavano più disponibili sono state rimpiazzate con altre invece reperibili. E poi c’è la sezione culti. Dimenticavo… si è proceduto a ridividere per fasce di importanza (capolavori/indispensabili/consigliati), laddove nel 2012 si era optato per l’ordine alfabetico puro.

  5. Vi si vuol bene, cari lettori (e care lettrici). Tanto.

  6. Enio

    Mi è giunto oggi, Venerato. Ne sono felice. Giusto perché ella lo sappia. Enio

  7. andrea K. bonomo

    La vertigine della lista (vedi U. Eco), dall’ omerico katalogos di navi ai 1000 dischi fondamentali si chiude il cerchio magico (ma perché non 1.111?) Fascino delle migliaia, un apocalittico prima senza un dopo. Lo voglio!

  8. Roberto

    Beh….. no, questo lo lascio, ho gli altri e poi basta è ora di ampliare gli orizzonti , con sto rock!
    Però attendo sempre il meglio del v.m.
    Per il piacere della lettura.

  9. Mauro

    Io, invece, pur avendo avuto come tanti altri la mia brava crisi di rigetto verso la fine degli anni novanta, sono tornato (felicemente!) a considerarmi un appassionato di rock che non disdegna di tanto in tanto di trastullarsi con musiche “altre”, piuttosto che un amante della musica in generale che, causa una congiuntura temporale favorevole, è stato iniziato alla “seconda arte” dal rock.
    Seguo Eddy praticamente dall’inizio della sua avventura di critico musicale e, tra i tanti suoi colleghi che stimo, è il mio preferito. Non so più quante volte mi sono metaforicamente spellato le mani per applaudire un suo caustico commento su un disco o un musicista o una scena, ma raramente, a memoria, mi sono sentito in sintonia con lui come quando ho letto (ad introduzione di un articolo (positivo, ovviamente) sui chitarristi africani che trovate qui: https://venerato-maestro-oppure.com/2012/03/03/chitarristi-africani-una-discografia-base/) le seguenti parole:
    “Da qualche anno in qua ho un rapporto problematico con quella che, con etichetta orrida ma ineludibile, viene chiamata world music. È che mi sono accorto, dopo tre decenni e mezzo che frequento il rock (termine che adopero qui nell’accezione più vasta e pure impropria possibile, includendovi un po’ tutta la musica afroamericana e pure il reggae fino a una certa data), di averne ancora tantissimo da ascoltare o riascoltare, da approfondire ma anche da scoprire tout court e, insomma, tempus fugit. E di conseguenza sono diventato sempre meno curioso verso i mondi totalmente altri. OK, ho ascoltato cinque, dieci, venti, trenta dischi di musica indiana. Me ne sono fatto un’idea vaghissima e per approfondire altri trentacinque anni non mi basterebbero. E dunque? OK, ho ascoltato due album di musica cinese e va bene così, oggi mi va di rimetter su (ma magari avessi il tempo!) “Revolver”, o “Lodger”, o “Zen Arcade”. E poi, dai, gli Inti Illimani non li sopportavo già al tempo e non c’è niente da fare, come ha convenuto una sera con me (io ero al terzo Martini, lui al quinto o sesto bianchetto) un notissimo musicista italiano che con la world ha trafficato parecchio, “arrivato al cinquantesimo disco di cubani non ce la fai più”. È stato un momento molto corazzata Potionkin. Veramente liberatorio.”

    • Paolo Backstreet Iglina

      Quanta verità in tutto ciò.

    • Rusty

      Obiettivamente da applausi, alla pari con certe rasoiate contro quel trombone di Pat Metheny. E sì, di folklore caraibico o balcanico anche basta, quando hai Beggars Banquet sullo scaffale.

      • Franco

        Potresti cambiare idea dopo aver ascoltato qualche disco presentato dal blog olandese Global Groove… Oppure no, de gustibus…
        Per quel che mi riguarda non potrei vivere senza un buon disco rock o di musica caraibica.

  10. Armando Chiechi

    Da vecchio lettore del Mucchio Selvaggio ho sempre seguito il tuo blog con grande interesse. Conservo ancora il numero speciale di Velvet di cui sopra e buona parte dei volumi del Mucchio Extra che custodisco gelosamente…lo avrei fatto anche con tutti i mensili targati Mucchio ma per mancanza di spazio e causa traslochi ho dovuto a malincuore regalarli o nella peggiore delle ipotesi buttarli. Ritengo questi volumi preziosi e riassuntivi dei nostri anni trascorsi come appassionati lettori ed onnivori musicofili. Quindi a suo tempo presi i 500 dischi fondamentali ma trascurai l’edizione dei 1000…che ad ogni modo credo di prendere in questa nuova edizione espansa, anche per vedere quali sono i dischi degli anni ’00, altrove forse poco trattati o probabilmente trascurati. Si forse…e’ un modo per non arrendersi al trascorrere del tempo e al voler rivivere quello che si e’ perso ….non so….siamo semplicemente malati di rock ma che sia o no una incurabile malattia, sicuramente e’ meglio di tante altre, fuori da questa porta. Viva i libri e che la cultura ci salvi…..
    Armando Chiechi

  11. Paolo B

    Carissimo Maestro, anche questa fantastica nuova edizione dei 1000 fondamentali è mia! Semplicemente ritengo sia la guida più autorevole sul mercato, un libro da leggere e rileggere che mi ha portato negli anni a scoprire dischi incredibili e importanti, dischi che a suo tempo avevo ignorato (a sto giro Everyday Robots di Damon Albarn per esempio… davvero eccezionale) e perle di culto (bella la nuova sezione). Certo, c’è quella manciata di dischi che mi stanno a cuore e che spero sempre di trovare come nuovi inserimenti, tipo Vicious Circle degli Zero Boys, il primo dei King’s X, qualcosa di Ben Harper e dei Cardigans, Slippery When Wet dei Bon Jovi (ok quest’ultimo è una mia fissa giovanile, dimmi che ci avete almeno pensato e mi fai felice😂), ma in fondo chisseneimporta, il lavoro che avete fatto è davvero davvero notevole, complimenti!

    Una curiosità se me lo permetti; noto che i dischi degli anni 10 sono per numero decisamente inferiori, anche solo rispetto al decennio precedente (ne ho contati 27 in tutto), il motivo di questa scelta è da attribuire semplicemente alla mancanza di spazio o al fatto che ritenete siano usciti pochi dischi davvero rilevanti in questi ultimi anni? Mi chiedevo se per il futuro non sarebbe bello inserire anche solo un semplice elenco di un paio di pagine dedicato ai dischi più recenti, album che magari non possono entrare nei 1000 ma che comunque meritano di essere segnalati.

    Scusa se mi sono dilungato, è la prima volta che scrivo e avevo tante cose da dire, seguo sempre il tuo blog e apprezzo sinceramente il tuo lavoro.

    • Bon Jovi no, non lo abbiamo mai considerato. Potrebbe entrare forse (ma dico, forse, eh?) se mai dovessero chiederci un “5000 dischi fondamentali”. 🙂 Ben Harper dal punto di vista qualitativo avrebbe potuto starci, ha pagato il fatto di avere un catalogo di qualità media alta ma dal quale non svetta un indiscutibile capolavoro. I King’s X (che piacciono molto anche a me) potevano essere tranquillamente uno dei Culti.
      Ci sono relativamente pochi dischi degli anni Dieci per due ragioni. Una è che la vicinanza schiaccia la prospettiva e dunque rende ancora incerta una storicizzazione del decennio. L’altra è che è sempre più difficile farsi notare dopo che tutto è più o meno già stato scritto e riscritto e riscritto ancora. Servono opere fortissime a livello compositivo e/o di sound per competere con un canone al quale è quasi impossibile aggiungere alcunché di genuinamente inedito.

      P.s riguardo al tuo p.s. – Ti rispondo in privato appena ho un attimo.

  12. Paolo B

    Grazie mille per la risposta!

  13. Giancarlo Turra

    Il che, ovviamente, non significa che negli anni 10 non siano usciti dischi belli e talvolta pure bellissimi, eh 🙂 (vedi appunto Damon Albarn)

  14. Marco

    Buonasera, ho trovato su tale sito questo lungo articolo-retrospettiva sulla carriera dei Beatles.

    http://www.storiadellamusica.it/forum/viewtopic.php?t=3284

    In seguito l’utente che l’ha scritto (spargendo sangue e sudore immagino, vista la lunghezza e la quantità di informazioni che contiene) partecipa anche ad una piccola discussione dove, fra le altre cose, viene citato il suddetto Libro. Mi interesserebbe conoscere il tuo parere su tale scritto, e se secondo Lei l’autore è un mezzo genio o un incompetente. O sennò, al limite, Lei come minimo si farà due risate. Distinti Saluti

  15. Marco

    Quindi secondo Voi, in sostanza, l’autore della disamina è solo un presuntuoso incompetente che non merita attenzione, che accoglie le teorie di Piero Scaruffi senza un minimo ragionamento proprio. Vi ringrazio per la delucidazione.
    Buonasera

  16. Giancarlo Turra

    Uno dei problemi di Scaruffi, oltre alle corbellerie che ha scritto, è la quantità di proseliti che ha generato. Un sonno della ragione, proprio.

  17. Enrico Murgia

    Come mai in questi libri avete scelto di non firmare ogni singola scheda? Anche nel Mucchio Extra non vi firmavate…una curiosità.
    Ciao.

    • Mi accorgo adesso di non avere risposto a questo tuo commento che postavi ormai quasi un mese fa e me ne scuso moltissimo. Le schede non sono mai state firmate, nemmeno su “Extra”, perché con rare eccezioni (mi vengono in mente i 100 dell’hip hop e del reggae, che decisi e scrissi io per intero) ogni lista era di norma impostata da una singola persona, o al limite da due, ma poi veniva lungamente discussa e modificata, spesso non marginalmente, in seguito alle osservazioni fatte da chi era stato invitato a contribuire. Diventava quindi un lavoro redazionale e in quanto tale non firmato.
      E comunque… vuoi mettere, per i più fedeli fra i lettori, il divertimento dato dal provare a indovinare chi aveva scritto cosa? Non ricordo esattamente in quale occasione qualcuno identificò gli autori di oltre ottanta schede su cento.

    • Potreste provare a indovinare 🙂 😉

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