Fa una strana impressione al Vostro affezionato ritrovarsi a scrivere di un disco nuovo degli Stray Cats nel 2019. Per due ragioni. La prima è che quando nel 1983 decisi di intraprendere la carriera del critico musicale (ah, avessi saputo cosa mi attendeva!) uno dei primissimi articoli che firmai era una monografia dedicata al trio composto, allora come oggi, dal chitarrista Brian Setzer, dal contrabbassista Lee Rocker e dal batterista Slim Jim Phantom. All’epoca all’apice del successo visto che nell’estate precedente era andato al numero 2 delle classifiche USA, con un’antologia che raccoglieva il meglio dei primi due LP, usciti invece solo in Europa. La seconda è che questo è il primo lavoro in studio (il nono in tutto) che costoro pubblicano insieme dal 1993, ossia da tre anni prima che partisse la mia collaborazione più lunga di sempre, quella al giornale che avete fra le mani. Sì, mi è capitato di scrivere di loro (o di qualche album da solista di Brian Setzer) ma trattavasi di materiali di archivio. E insomma lo confesso: a “40” mi sono accostato con una certa emozione.
Naturalmente spazzata via sin dalle prime battute di Cat Fight (Over A Dog Like Me), rockabilly da manuale di spettacolare irruenza cui – apparente ossimoro – donano grande eleganza fraseggi e assoli di Setzer, che era già un grandissimo chitarrista poco più che maggiorenne, figuratevi ora. Sono gli Stray Cats di sempre, gli anni cui allude il titolo fortunatamente passati invano. O no? Perché in “40” riescono anche a sorprendere in un paio di episodi, uscendo dal recinto del ruspante rock’n’roll da primordi del genere che siamo soliti associare loro: con una Cry Danger fra surf e garage; soprattutto, con il Morricone western Desperado. Che questa rimpatriata porti o meno altri frutti, bentornati.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n. 412, settembre 2019.
Devo dire che mi aspettavo di più da un loro disco, però forse è giusto così, e infatti il tuo giudizio mi pare più di cuore che di orecchie (ed è cosa buona e giusta, beninteso). Resta la speranza che continuino, quantomeno a suonare dal vivo (la Brian Setzer Orchestra in America fa ogni anno un tour sotto Natale che è sold out a ogni data, ma in Europa non viene mai, forse perché i costi sono troppo alti, e a quel punto invece che portarsi in giro i Nashvillains o altre formazioni anonime, a Setzer conviene tenere riformati gli Stray Cats e girare mezzo mondo). A questo riguardo, se gli organizzati del Summer Jamboree stessero leggendo, rammento che nel 2004, all’allora tour di addio, furono proprio gli Stray Cats la principale attrazione concertistica.
Grazie del ripescaggio, Eddy.