I migliori album del 2019 (3): Brittany Howard – Jaime (ATO)

C’erano una volta gli Alabama Shakes? Titolari di due lavori diversamente eccelsi – se “Boys & Girls” nel 2012 si iscriveva con un livello di scrittura stratosferico al canone classico del southern rock, “Sound & Color” nel 2015 ampliava gli orizzonti e ammodernava – non danno notizie dacché nel 2017 contribuivano con un brano alla colonna sonora di The American Epic Sessions. Aggiungendo con quello il quarto Grammy a una collezione di trofei con dischi di argento, oro e platino (“Sound & Color” un numero uno per “Billboard”). Peseranno aspettative altissime per il terzo album? Per intanto il debutto della cantante e leader (suoi i testi, laddove le musiche sono state finora ascritte a tutti i componenti il quartetto) Brittany Howard è ben più che un intrattenere nell’attesa. Qui si gioca un altro sport anche rispetto a “Sound & Color” e si tenga presente che del gruppo dell’Alabama (ovviamente) la voce della Howard – splendidamente androgina: un po’ Aretha e un po’ Jack White, un po’ Janis e un po’ Robert Plant, qui Sharon Jones, là Lenny Kravitz – ha sempre rappresentato l’elemento più caratterizzante, pure quando all’inizio li si riduceva a “i nuovi Black Crowes”.

Dedicato alla sorella che le insegnò a suonare il piano prima di venire uccisa da un tumore, “Jaime” ha radici che affondano nello stesso humus che nutre gli Alabama Shakes, ma più in profondità, e si porge in modi difficilmente immaginabili da quelli. Alle estremità si situano una sussurrata, scarnissima Short And Sweet degna di Nina Simone (una Presence da Billie Holiday) e la pazzesca collisione fra soul e un art-rock che rasenta il noise di 13th Century Metal (quella fra basso subsonico e organo chiesastico di Georgia). Tanto più sorprendenti dopo il depistante p-funky-jazz, in apertura, di History Repeats. Bellissimo.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.414, novembre 2019.

1 Commento

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Una risposta a “I migliori album del 2019 (3): Brittany Howard – Jaime (ATO)

  1. Alessandro Licusati

    non male, non è tra i miei 20 dell’anno ma non mi dispiace

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