Nel nuovo “Blow Up” racconto perché e percome il pub-rock fu molto, molto più che “soltanto” la scena che fece da apripista al punk. L’articolo consta di un’introduzione al fenomeno e venti schede di album classici nell’ambito (qualcuno classico e basta) e occupa diciotto pagine. Have fun.
avevo smesso di comprare Blow Up dal 2016 (leggasi: in contumacia della presenza da quelle pagine del VMO…).
Ovviamente, alla notizia di un simile ben di dio, mi sono fiondato in edicola, addirittura prenotandolo, perchè 18 pagine di pub-rock con annessa discografia minima non possono proprio essere bypassate. Letto tutto d’un fiato, che dire? Esemplarmente magistrale, oltre che fondamentalmente indispensabile, tanto da scoprirci – alla mia Veneranda età son cose che fan male, cioè bene – persino un paio di titoli mancanti
Domanda: nella magica ventina, un posticino per l’esordio solista di Bram Tchaikovsky ti è almeno balenato o lo ritieni troppo ‘leggerino’?
E quindi ti sei perso (vado a memoria) Laura Nyro, Bert Jansch & Pentangle e Terry Reid? Ahi ahi ahi!
Ho un buon ricordo del primo album di Bram Tchaikovsky, ma ho ritenuto che bastasse inserire i Motors e citarlo lì.
eh sì, toccherà mandare richiesta per gli arretrati…peraltro, numero bombastico, quest’ultimo! Finalmente qualcuno si è degnato di raccontare come si deve la pazzesca storia di Peter Ivers
Salve, apprezzatissimo l’ articolissimo sul pub-rock , ma l’ omonimo dei Count Bishops del 77 ci sarebbe pure stato benissimo… Gli Hot Rods (da Eddie & The Hot Rods) non credo siano le “verghe bollenti” ma un tipo di automobile (c/o ” Hot Rod Lincoln” dei Commander Cody)… Saludos dal Deep Friuli! Rob-UD