“In un concerto contano due cose: la prima e l’ultima canzone. Tutto il resto è groove”: parole del Padrino del Soul, in questo caso da non prendere in parola. Varranno casomai nei lunghi anni della decadenza, quando i gruppi che lo accompagneranno si faranno sempre più raccogliticci e la percentuale negli spettacoli di lunghe parentesi strumentali, per consentire al capobanda di recuperare energie, sempre più rilevante. Ma nell’autunno 1969 il più Grande Lavoratore nel Mondo dello Spettacolo veniva da sei anni di trionfi ed era in formissima. Oltretutto gasatissimo quel 1° ottobre in cui, accompagnato da un complesso ben rodato di una dozzina fra strumentisti e coristi, affrontò la ribalta del Bell Auditorium di Augusta, Georgia, la città che chiamava Casa. Ad ogni modo: primo brano in scaletta Say It Loud – I’m Black And I’m Proud, un numero 1 R&B e 6 Pop l’anno prima e istantaneamente divenuto un inno per la nazione afroamericana; ultimo Mother Popcorn, un altro numero 1 R&B nell’estate precedente.
Quanto sta in mezzo in questi settanta minuti non è affatto “solo” groove, per quanto ce ne sia naturalmente in abbondanza (anche quando inopinatamente in World il cantante si affida a una base pre-registrata). È una scaletta zeppa di classici, testimonianza di una serata formidabile da cui a essere severi si sottrarrebbero giusto un paio di momenti di eccessivo languore (non l’inatteso omaggio ai Blood, Sweat & Tears di Spinning Wheel). James Brown l’avrebbe voluta pubblicare come è uscita ora mezzo secolo fa. Ma subito dopo quasi tutti i suoi musicisti abbandonavano la nave al dispotico capitano, che si affrettava a reclutarne altri più giovani e con quelli subito incideva Sex Machine. Però questa è un’altra Storia.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.416, gennaio 2020.
Album bellissimo, in pratica questa è la versione completa e restaurata di quello che è stato pubblicato solo in piccola parte sul disco finto live Sex machine del 1970.