Decimo lavoro in studio dei Jayhawks (produzione parca se si pensa che l’omonimo esordio data 1986), “Back Roads And Abandoned Motels” vedeva la luce due anni fa e si distaccava per genesi dai precedenti nove perché Gary Louris (leader della band dacché Mark Olson la lasciò dopo il quarto album; come si racconta in questo stesso numero anche nella recensione dell’ultimo disco di costui) scriveva appositamente giusto due delle sue undici tracce. Completando la scaletta con brani composti in precedenza per altri ma che i Jayhawks non avevano mai inciso. Anche “XOXO” segnala una prima volta nell’ultratrentennale storia di una formazione che da qualche tempo si schiera a quattro con, ad affiancare Louris, Marc Perlman al basso, Karen Grotberg alle tastiere e Tim O’Reagan alla batteria: Louris ha invitato compagna e compagni a partecipare al processo compositivo e in tal senso ─ dopo tutto questo tempo! ─ l’album è per i Nostri una sorta di nuovo esordio. E che bell’esordio è! Ancora catalogabile alle voci “alt-country” e “Americana” ma capace di allargare, e a volte sensibilmente, gli orizzonti.
Notevole soprattutto l’apporto della Grotberg, che si prende la ribalta pure vocalmente in una Ruby pianistica e talmente classica che chi scrive ha pensato all’inizio si trattasse di una cover e nella ballata country con violino e pedal steel sugli scudi Across My Field: canzoni che rimandano rispettivamente a Christine McVie ed Emmylou Harris. Altri apici di una scaletta di dodici brani senza un inciampo: This Forgotten Town e Living In A Bubble, dove The Band fa comunella rispettivamente con gli Eagles e Harry Nilsson; la stoniana Dogtown Days; una Homecoming che ineditamente evoca i Beach Boys di mezzo; una Illuminate che porta i Kinks a Laurel Canyon.
Pubblicata per la prima volta su “Audio Review”, n.422, agosto 2020.
Sempre stati dei grandi, e molto maturi. https://turrefazioni.wordpress.com/2017/05/03/classics-revisited-jayhawks-hollywood-e-uno-stato-della-mente/
Album piacevolissimo, sono sempre stati un gran bel sentire. Anche il penultimo album, benché diverso dalle loro abituali corde, secondo me era comunque molto ispirato. Sicuramente uno di quei gruppi che vorrei vedere dal vivo in Italia, covid permettendo, insieme ai Decemberists. A proposito, volevo un tuo parere sull’album omonimo dei Black Pumas, uscito ormai quasi un anno fa, che secondo me è un capolavoro.
L’ho ascoltato un paio di volte, gradendo ma non entusiasmandomi. Il problema è duplice: troppi ne faccio girare di dischi e dunque spesso ricavandone impressioni superficiali; troppi altri sfuggono proprio al radar. D’altro canto: il tempo è sempre quello che è. Anzi: sempre meno.