Forse mai dei versi di una canzone furono così tristemente profetici: in H-Eyes, retro di In A Rut, singolo di esordio nel gennaio 1979 dei Ruts, Malcolm Owen canta “sei così giovane, ti buchi per divertirti/ma ti fotterai la testa e finirai per morirne”. Argomento che tornerà ad affrontare in Dope For Guns, seconda traccia del primo LP di un quartetto prontamente ingaggiato dalla Virgin (a dare alle stampe il debutto a 45 giri era stata la minuscola People Unite, etichetta gestita dai Misty In Roots) e che vedeva la luce nel settembre dello stesso anno, e di nuovo nel marzo 1980 in Love In Vain (“non ti voglio più nelle mie braccia”), lato B del 7” Staring At The Rude Boys. Da lì a tre mesi gli altri componenti del gruppo ─ il chitarrista Paul Fox, il bassista John “Segs” Jennings e il batterista Dave Ruffy ─ comunicavano al cantante che era licenziato. Diversamente da come potrebbe sembrare, gesto di amore vero per un vero amico, scommessa azzardata sul fatto che, messo con le spalle al muro, fra le due passioni della sua vita, la musica e l’eroina, Owen avrebbe scelto la prima e si sarebbe ripulito. Sembrava funzionare, e difatti veniva riammesso nella band dopo pochi giorni, ma mai fidarsi delle promesse di un tossico: moriva per una overdose il 14 luglio, appena ventiseienne e prima che i Ruts completassero un secondo album vero. Pubblicato nel successivo dicembre, il pur valido “Grin And Bear It” raccoglie un po’ di brani da vari singoli e altri catturati live al Marquee Club, naturalmente ancora con Owen alla voce.
Appena riedito in vinile per celebrarne, con qualche mese di anticipo, il quarantennale, il solo 33 giri in studio non antologico dei Londinesi insieme ne rimarca la grandezza e l’immensità dell’occasione sprecata di lasciare una traccia ancora più importante nella storia del rock (i superstiti continuavano come Ruts D.C., ma non era la stessa cosa). Album immenso al punto da reggere il confronto con i primi due di quei Clash cui Owen, Fox, Segs e Ruffy venivano inevitabilmente accostati per la capacità di dividersi fra rovinosi assalti punk (ma You’re Just A… potrebbe essere piuttosto dei Buzzcocks e in Criminal Mind siamo diversi passi oltre, già in zona hardcore) ed escursioni in levare, Jah War la loro Police & Thieves, però autografa. Nessun altro gruppo bianco ha mai suonato il reggae con l’intensità bruciante dei Ruts.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.409, maggio 2019.