“Hello, I’m Johnny Cash”, si presenta Bill Callahan all’inizio di Pigeons, la traccia che inaugura questo suo settimo lavoro in studio da solista (conteggio cui vanno aggiunti gli undici a nome Smog che pubblicò fra il 1990 e il 2005). Scappa da ridere, prima di arrendersi al fascino di una canzone squisita, valzerino che una tromba mariachi colloca sul border. E quando il brano sta sfumando… ehi! aspetta un attimo… che ha detto? Torni indietro e verifichi che sì, hai sentito bene: “sincerely, L. Cohen” (come da finale di Famous Blue Raincoat). E quante volte nelle recensioni di dischi del nostro uomo sono stati citati l’uno o l’altro o entrambi i giganti di cui sopra? Ah, ma anche (più di rado) Ry Cooder e proprio Ry Cooder si intitola il penultimo dei dieci brani che danno vita a “Gold Record”. Sorta di finto “Greatest Hits” che l’autore ha messo insieme ripescando canzoni scritte in un ampio arco di tempo ma rimaste tutte tranne una ─ Let’s Move To The Country, che nel 1999 apriva “Knock Knock”, il settimo album degli Smog ─ inedite. Ed ecco spiegato come mai ha impiegato così poco a dare un seguito all’eccellente “Shepherd In A Sheepskin Vest”, che si era invece fatto aspettare sei anni.
In ogni caso di fresca realizzazione le incisioni (hanno dato man forte in studio il chitarrista Matt Kinsey, il bassista Jaime Zuverza e assortiti ospiti) si porgono tutt’altro che come gli scarti che sarebbero, con una freschezza che conferma il momento di grazia di un artista che pare avere trovato nel matrimonio la medicina capace di curare un’uggia proverbiale. Spiccano fra il resto una languida The Mackenzies, un’ilare Cowboy aperta e chiusa fischiettando e As I Wander, delicata, dolcissima, la più “orchestrata” del lotto.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.424, ottobre 2020.