Attenzione! Attenzione! Potenziale star, diciamo ai livelli di un Gregory Porter, all’orizzonte. Con differenze che saltano subito all’occhio ─ quegli un cantante e questi innanzitutto un chitarrista, uno è nero e l’altro bianco, uno è americano (ma in patria finora non ha sfondato; è in Europa e soprattutto nel Regno Unito che gode di vasta popolarità) e l’altro inglese ─ ma in comune il fatto di declinare un jazz denso di soul e di funk. Di grande sostanza e nel contempo di un epidermico che può catturare platee vaste e non saranno più i tempi di certo George Benson (dai cui peccati di ruffianeria peraltro sia Porter che Jerome sono finora mondi) ma se alla Caroline (etichetta in orbita Universal) hanno deciso di puntare su questo giovanotto vuol dire che qualche discografico con le orecchie aperte e un cervello in mezzo dev’esserci ancora.
Originario di Norwich ma da un po’ con base a Londra, nella cui rigogliosa scena nu-jazz ha cominciato a farsi notare prestando lo strumento al gruppo in prevalenza femminile Kokoroko, Oscar Jerome è all’esordio da solista in studio ma non in assoluto, siccome nell’ottobre dello scorso anno la stessa Caroline cominciava a tastare il terreno con un “Live In Amsterdam” solo in vinile (bianco) probabilmente destinato a diventare una ricercata e costosa rarità. Dei sei brani che sfilavano lì giusto due sono stati ripresi nel programma di otto più una intro e due interludi che dà vita a “Breathe Deep”: una Give Back What You Stole From Me molto Gil Scott-Heron e una Gravitate parimenti bella funk. Fra i vertici di un album senza mezzo brano sottotono, a un apice assoluto di immediatezza nella latineggiante Fkn Happy Days’n’That e subito dopo di emotività nella scarna Timeless, affidata alla voce di Lianne La Havas.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.424, ottobre 2020.