
Se nel nome del tuo gruppo metti un “Fuck” sai che il successo puoi scordartelo. Ma se non hai mai fatto musica con una possibilità pur remota di vedere le classifiche te ne freghi. L’unico compromesso cui il cantante e chitarrista Gareth Liddiard sia addivenuto in vita sua fu spostarsi da Perth a Melbourne per rimediare un contratto discografico (una specie) per i suoi Drones. Era il 2002 e l’inizio di una vicenda magnifica durata quattordici anni e sei album di cui solo i due di mezzo (“Gala Mill” e “Havilah”, i migliori) per un’etichetta, la ATP, con una distribuzione internazionale. Di emigrare sulle orme di un Nick Cave, cui qualcosina deve, per guadagnarsi maggiore visibilità e, chissà, persino di che vivere, il nostro uomo non ha mai voluto saperne. Fossero stati americani con il loro ispido rock sul serio “alt-”, memore del punk quanto del garage-punk e pregno di blues, i Drones qualche consenso in più lo avrebbero raccolto. Recuperateli, meritano. Se vi va.
Se poi doveste farlo post-frequentazione con la nuova creatura di Liddiard, quartetto altrimenti tutto al femminile, vi parranno al confronto easy listening. Terzo album in poco più di tre anni, secondo per la statunitense Joyful Noise, “Deep States” è se possibile più esplosivo e schizofrenico dei predecessori. Depista un’iniziale The Greatest Story Ever Told, fra Pavement, Polvo e Dinosaur Jr, che avrebbe potuto suonare anche il gruppo prima, ma sin da quell’ipotesi di Jon Beck Blues Explosion che è G.A.F.F. il disco deraglia. Felicemente, se nel vostro mondo possono trovare ospitalità i Pere Ubu influenzati dai Funkadelic di Blue Beam Baby, il Tom Waits terminalmente allucinato di Bumma Sanger, il Nick Cave in fotta no wave di The Donkey. Ad esempio.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.435, ottobre 2021.
Jon Beck Blues Explosion?
Immagina una Blues Explosion con dentro anche Beck ed ecco…
Perfettamente calzante!