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Ordinato!
Say it loud….
Ciao!
Grazie.
Preso!
E grazie anche a te, Nicola.
Ricevuto oggi. Soul, Blues, e Jazz si riascoltano sempre volentieri. Di Hip-Hop non ho mai avuto nulla, neanche la minima curiosità di ascoltarlo su You Tube o Spotify, ma è una mia questione personale. Perciò le prime 330 pagine per il sottoscritto saranno una piacevole lettura, per il resto… beh vedremo se arriverà qualche stimolo. Saluti e Buone Feste.
340 abbondanti, in realtà. Chissà che l’introduzione non ti faccia magari cambiare idea, quantomeno rispetto al fatto che l’hip hop è un qualcosa che si pone in perfetta continuità rispetto al precedente corpus della musica afroamericana. Dopo di che, i gusti sono gusti e ciascuno di noi ha sensibilità diverse.
In un testo che si presenta come una ricca e stimolante rassegna sulla musica nera, mi sorprende, da antico appassionato di jazz, l’assenza di una figura di grande rilievo come John Coltrane. Eppure so che ne hai scritto. Quanto all’hip hop, vorrei dire quanto segue: tolte alcune espressioni di questo genere, fortemente contaminate col pop, il jazz e il soul, mi sembra che di musica ce ne sia davvero molto poca. In linea di massima mi sento di condividere l’opinione espressa a suo tempo dal grande Elvin Jones che definiva il rap come una manifestazione di goliardia caratterizzata per lo piu`da un ripetitivo chiacchiericcio ritmato. In una fase storica in cui sembra che non si possa fare musica se non si e` un rapper, e` almeno un’opinione su cui riflettere.
Per quanto riguarda John Coltrane: ho spesso avuto occasione di scrivere di lui, recensendo diverse ristampe, ma sfortunatamente un articolo monografico mai. Se no, ovviamente lo avrei recuperato.
Per quanto riguarda Elvin Jones: con tutto il rispetto dovuto a un artista IMMENSO, disse una colossale puttanata. Capita anche ai migliori e vedasi al riguardo come certi colleghi commentarono la svolta elettrica di Miles Davis.
Per quanto riguarda l’hip hop: per quanto mi sembri che da buoni quindici anni sia diventato eccessivamente autorefenziale e nonostante certe sue derive non mi piacciano (ma ci sta che sia un limite mio) lo considero a pieno diritto parte ed evoluzione di una tradizione che arriva da molto, molto lontano e che comprende il blues e il soul, il r&B, il funky e anche (assolutissimamente anche) il jazz. Come provo a spiegare, in breve, nell’introduzione e come dovrebbe apparire evidente alla lettura del libro nella sua intierezza.
Le tue considerazioni non sono prive di fondamento; devo dirti che, proprio per non parlarne a sproposito, sull’hip hop mi sono ampiamente documentato e ho ascoltato una certa quantita`di dischi. A differenza di ciò che mi e`accaduto col jazz, pero`, una vera passione non e` mai scattata. Il rap nella sua fase iniziale mi e` sembrato sempre ( con l’aurea eccezione dei PUBLIC ENEMY) una musica troppo monocorde e autocompiaciuta. Viceversa, ho molto apprezzato certe evoluzioni che hanno portato il rap a contaminarsi col jazz e con il soul; penso a GURU, a 2PAC, ma anche a gruppi come gli OUTKAST o i TRIBE CALLED QUEST. Come e` fin troppo ovvio sottolineare, si tratta di una mia preferenza. Quanto a Miles Davis, vorrei ringraziarti per aver cancellato i luoghi comuni che circondano quella fase della sua carriera in cui egli si spinse, fra molte incomprensioni, piu` lontano di qualsiasi altro. E inoltre, anche per aver semprr sottolineato l’importanza di un disco come ON THE CORNER, in cui Africa, elettronica e musica contemporanea si sposano in un modo fantastico.