
Non sono passati che due mesi da quando si recensiva un disco di Damon & Naomi, fra ’80 e ’90 sezione ritmica dei seminali Galaxie 500 (tre album all’attivo e tutti e tre capolavori), e a chi scrive tocca la lieta incombenza di occuparsi di Dean Wareham, che del trio di Boston fu cantante, chitarrista e leader. Per costui formalmente è appena la seconda uscita da solista, a sette anni da un affatto diverso (per quanto lo caratterizzano le tessiture elettroniche tramate in combutta con il produttore Jim James) debutto omonimo, ma il cultore sa bene che l’artista di natali neozelandesi vanta un catalogo post-Galaxie 500 altrettanto cospicuo di quegli ex-sodali con i quali pare non abbia mai più avuto rapporti dacché le strade si separarono. Ne fanno parte nove album (con un live) alla testa dei Luna, quattro come metà del duo Dean & Britta, uno in combutta con i Cheval Sombre e una colonna sonora. Ma il cultore sa anche che da un po’ la sua vena compositiva sembrava essersi prosciugata. Dean & Britta non danno notizie dal 2010, quel “A Sentimental Education” con cui nel 2017 i Luna si rifacevano vivi dopo tredici anni è una raccolta di cover e idem il disco con i Cheval Sombre del 2018.
Pure in “I Have Nothing To Say To The Mayor Of L.A.” il nostro uomo piazza due brani altrui (un’ipnotica resa del classico dei psichedelici minori Lazy Smoke Under Skys e una languida Duchess dello Scott Walker confidenziale), ma il bello, il bellissimo dell’album sta fra gli otto pezzi autografi. Spiccano l’iniziale The Past Is Our Plaything, che si candida a essere la sua canzone più istantaneamente memorabile di sempre (addirittura!), e le velvetiane Robin & Richard (anche un po’ Big Star e molto Byrds) e The Corridors Of Power.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.437, dicembre 2021.