
Registrato fra Bologna, New York, Chicago e Montreal e con vari ospiti stranieri (per limitarsi ai due di più alto profilo: l’ispano-americana Xenia Rubinos, il cui recente “Una rosa” è stato lodato pochi mesi fa su queste pagine, e il jazzista di confine Colin Stetson) nel lungo elenco dei crediti, il terzo album dei C’Mon Tigre ne ribadisce valore e profilo internazionale. Ne conferma, a partire dalla splendida copertina che rimanda al debutto omonimo del 2014 e al seguito datato 2019 “Racines”, la capacità di restare inconfondibili aggiustando ogni volta il tiro, aggiungendo elementi, spostando le coordinate. “La nostra ricerca è una parabola variabile che è partita dall’Africa e ha poggiato i piedi in Asia”, raccontavano lo scorso anno in un’intervista ad “Alias”, aggiungendo che “per il prossimo disco abbiamo altre mete, imprevedibili”. Dichiarazione di intenti che “Scenario” vidima.
È musica continuamente in viaggio: enorme la distanza che separa i 55” per oud e synth tremolante dell’inaugurale Deserving My Devotion dalla dance a cassa dritta del congedo Sleeping Beauties, che sarebbe spiazzante non l’avesse anticipata qualche traccia prima una fulminea incursione in area Underworld chiamata Burning Down. Eppure tutto si tiene e fluisce armoniosamente, in special modo in una prima facciata che all’electro-afrobeat di Twist Into Any Shape fa andare dietro la brasiliana e cinematografica Kids Are Electric, a una Supernatural che evoca Tricky una Automatic Control dalla orchestrazione alla Portishead. Prima facciata, ecco: per ora “Scenario” è previsto che esca solo in vinile. L’auspicio è che, come accadde con “Racines”, si provveda in seguito a renderlo disponibile pure in CD.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.441, aprile 2022.