
La storia di una musica che egualmente respingeva e seduceva, vaporosa, granitica e magmatica, il cuore di panna di melodie ineffabilmente insidiose che batteva con metronomia post-kraut e proto-baggy sotto strati di chitarre che sventagliavano feedback piuttosto che riff. Raccontata attraverso dieci album. Qui.
Grazie, Eddy.
Grazie, Ma come mai nulla dei Jesus and Mary chain?
Nominati fra gli antesignani. Lo shoegaze prende forma dopo, ne è sicuramente influenzato ma è complessivamente altra cosa.
Grazie Eddy. Curiosità: Chapterhouse? Curve? Solita risposta, chi avresti tolto? Il secondo degli Swervedriver è comunque un bell’album no?
Altra curiosità: i Moose citati all’inizio, nemmeno loro hanno trovato un posticino.
Avevo nove titoli che ritenevo imprescindibili. A disputarsi l’ultimo posto erano rimasti proprio Moose, Curve, Chapterhouse e Verve. Sulla scelta finale, fra Chapterhouse e Verve, ha pesato il desiderio di sottolineare come, apparentemente distantissimi, shoegaze e Britpop si siano in realtà sfiorati. E poi e comunque qualità e varietà della scrittura. “Whirlpool” è un gran disco ma, riascoltati uno dopo l’altro a tantissimo dall’ultima volta, mi è parso che “A Storm In Heaven” abbia decisamente qualcosa in più.
E come mai non citi gli A.R Kane, almeno come precursori? Gli consideri minori o fuori contesto?
Peccato non ci siano gli Adorable!
Sarebbero entrati in una lista di venti. Di quindici forse anche no.